venerdì, Novembre 22, 2024
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Un altoatesino con la passione per la cucina e la fotografia: Stefano Cavada

Questa settimana abbiamo l’onore di presentarvi e farvi conoscere un famosissimo food-blogger  altoatesino che spopola sui social: Stefano Cavada, con il suo canale Instagram conosciuto con il nome di: stefanocavada, che con molta maestria e tecnica, giorno dopo giorno presenta le sue prelibatezze salate ma anche dolci, tipiche della sua preziosissimo terra d’origine: il Trentino Alto Adige, attirando a se migliaia di appassionati della cucina.

Siamo molto contenti e lieti di incominciare questa collaborazione insieme a lui in questo nostro progetto,  portandovi così a conoscenza delle migliori ricette tipiche, che lui stesso prepara utilizzando materie prime di qualità e tipiche della sua preziosa terra ma soprattutto ve lo facciamo conoscere attraverso un’intervista che gli abbiamo posto e che abbiamo sviluppato insieme.

Di quali produzioni si occupa maggiormente e come ha agito per ridurre l’impatto ambientale?

La mia cucina è fortemente influenzata dalle ricette tipiche della mia terra d’origine, l’Alto Adige, e da quelle dei Paesi in cui ho vissuto, prime fra tutte quelle inglesi e quelle francesi, poiché ho trascorso un periodo della mia vita tra Londra e Parigi. I piatti che preparo devono essere semplici e alla portata di tutti, cosicché ognuno abbia la possibilità di replicarli a casa. Una cosa è certa: adoro preparare lievitati di qualunque tipo, dal pane alla pizza fino alle focacce, e dolci, siano essi torte o biscotti.

Per ridurre l’impatto ambientale compro ortofrutta sfusa dai produttori locali, così come altri prodotti, e limito i momenti di spesa a poche volte al mese, ottimizzando così gli spostamenti. Inoltre, ottimizzo anche le cotture cucinando alcuni alimenti in quantità maggiori, ad esempio a vapore, in modo che siano disponibili per il consumo per più giorni.

Quali sono i piatti più famosi e tipici che prepara?

-Tra i piatti che più mi piace preparare ci sono quelli altoatesini: Spätzle e canederli, ad esempio, sono tra le mie preparazioni preferite e adoro cucinarli in numerose varianti.

Forse, il mio piatto più famoso è la focaccia alla zucca, presente anche nel mio primo ricettario, La mia cucina altoatesina. 45 ricette per ogni occasione. Quando l’ho pubblicata sui social, ormai qualche anno fa, ha avuto un successo enorme che non mi sarei mai aspettato.

Tutt’oggi un grande problema ormai ben sviluppato è legato allo spreco alimentare. In cui sia nei ristoranti ma soprattutto tutti noi a casa, smaltiamo il cibo avanzato trasformandolo in rifiuto. Lei in che modo utilizza i prodotti per contrastare e ridurre questa grande problematica legata allo spreco alimentare?

-Nel mio studio il cibo non viene mai sprecato. Quello che avanza dai giorni di shooting viene conservato per i pasti dei giorni successivi oppure viene donato a vicini di casa e amici.

 

Su cosa si basa per rendere i suoi piatti affascinanti e moderni?

-Dedico molto tempo allo studio delle nuove ricette, che provo e riprovo in cucina finché non ottengo il risultato che desidero. Allo stesso tempo curo nel migliore dei modi l’impiattamento e la presentazione: lavorando principalmente con i social, è fondamentale che le ricette che preparo siano belle e facciano venire l’acquolina in bocca, perché sul web si può mangiare solo con gli occhi.

Cosa consiglia a coloro che vogliono intraprendere il suo stesso lavoro?

-Innanzitutto bisogna avere molta creatività; se si copiano le ricette altrui sarà difficile avere sempre nuove idee originali. Ma non solo: è necessario essere multitasking. Soprattutto per chi è agli inizi, e ha limitate possibilità economiche, è indispensabile redigere le ricette in maniera chiara, quindi avere delle buone capacità di scrittura, e scattare foto e registrare video secondo uno stile proprio, conoscendo anche le basi dell’editing. Nulla, insomma, deve essere lasciato al caso e, se possibile, circondarsi con il tempo di collaboratori fidati.

Come e quando è nata l’idea di creare un food blog?

-Non c’è stato un momento in cui ho capito che il mio progetto stava per trasformarsi in un lavoro vero e proprio. Ovviamente era una cosa a cui aspiravo, perché mi divertiva quello che facevo e ci mettevo veramente tanta passione. Poi, a un certo punto, le richieste di collaborazioni sono aumentate sempre di più finché ho avuto la possibilità di abbandonare il lavoro da dipendente e mettermi in proprio.

Dove trai ispirazione per le tue ricette?

-Come detto prima, dalla mia terra e dai luoghi in cui ho vissuto. Ma anche dai numerosi programmi o documentari di cucina, che sono sempre un’importante fonte per nuovi spunti, così come dagli scambi che intrattengo con i colleghi e da ciò che mangio fuori casa.

Tra le tante ricette che hai proposto, qual è la tua preferita?

-Oltre alla focaccia alla zucca, direi i cavadini, che già dal nome mettono curiosità. Sono la mia versione dei famosi sorrisi impanati, ma realizzati con un impasto a base di farina di segale e farina di farro che può essere farcito con tutto ciò che si vuole.

Cos’è per Lei la “cucina sostenibile”?

-La cucina sostenibile, per me, è una cucina consapevole e ragionata. Come detto prima è importante comprare solo quel che serve, senza esagerare nelle dosi, ottimizzare le cotture e, quando possibile, programmare un calendario delle varie preparazioni o, a casa, un menù con i pasti della settimana.

Nuovi progetti per il suo blog?

-Per omaggiare Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 ho dato vita a una sorta di rubrica in cui propongo le ricette della tradizione bresciana, come i malfatti e il manzo all’olio. Questo come segno di riconoscenza verso Brescia, la città che mi ha accolto e in cui vivo da anni.

Ti ringraziamo molto per questa tua bellissima intervista che hai voluto esporre rendendola pubblica, così che tutti gli amanti della cucina e non, anche da casa, possono riproporre le Sue ricette e scoprire molte novità a livello anche di tecniche culinarie e scoprire materie prime da utilizzare, tipiche di altri territori.

 

Andrea Avogadro e Federico Preziuso

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