venerdì, Novembre 8, 2024
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Spada: “Troppe oscillazioni: impossibile programmare. A causa dell’aumento e dell’estrema volatilità dei prezzi, le imprese sono in difficoltà nel gestire i costi e nello stipulare contratti per il nuovo anno energetico”

Il gas costa 17 volte in più rispetto al pre covid, trascinando su livelli eccezionalmente elevati anche il prezzo dell’energia elettrica.

Nelle ultime settimane l’evoluzione delle quotazioni delle materie prime ha seguito una duplice tendenza. Il gas e il conseguente prezzo dell’energia elettrica continuano, infatti, a registrare aumenti molto importanti con oscillazioni estremamente consistenti e strettamente legate al conflitto. Le altre materie prime riflettono incrementi comunque straordinari rispetto al pre covid, sebbene meno sproporzionati, e di recente si rileva un nuovo aumento dei costi di alcune materie.

Siamo preoccupati perché in autunno potrebbe verificarsi una ‘tempesta perfetta’ con pesanti ripercussioni sulle imprese, che sono in difficoltà nel gestire i costi e nello stipulare contratti per il nuovo anno energetico – ha dichiarato Alessandro Spada, Presidente di Assolombarda -. In tal senso, stiamo cercando di fare il possibile per sollecitare l’Unione Europea e il Governo Draghi a introdurre misure urgenti, per scongiurare produzioni dimezzate se non addirittura chiusure. Interventi come il tetto al prezzo del gas a livello europeo, l’estensione del credito di imposta per gli investimenti di efficientamento energetico e un piano di razionamento servono ora più che mai per preservare il tessuto industriale italiano. Salvare le imprese è, oggi, una questione di sicurezza nazionale: si tratta di un tema che stiamo portando all’attenzione anche dei principali leader politici in vista delle prossime elezioni; continueremo a farlo stasera in occasione dell’incontro in Assolombarda con il Segretario di Azione, Carlo Calenda”.

Le tensioni geopolitiche hanno spinto il gas naturale su nuovi massimi storici ad agosto (346,5 €/MWh il 26 agosto, circa 30 volte il prezzo pre covid a 11,2€/MWh), trascinando su livelli eccezionalmente elevati anche il prezzo dell’energia elettrica. Negli ultimi giorni, in merito alla notizia di possibili interventi di emergenza a livello europeo, le quotazioni del gas sono calate, pur rimanendo straordinariamente alte: i 191 €/MWh del 12 settembre sono pari a circa 17 volte il prezzo medio di gennaio 2020.

Gli anomali livelli e l’estrema volatilità dei prezzi di gas ed elettricità stanno determinando sempre più difficoltà per le imprese nel gestire i costi, con chiare conseguenze sui margini, e nello stipulare i contratti di approvvigionamento per il nuovo anno energetico.

Le materie prime non energetiche mostrano anch’esse prezzi estremamente elevati, con aumenti diffusi e particolarmente consistenti rispetto al pre covid, come il +126,3% dell’olio di soia e il +101,7% del cobalto. Inoltre, se a inizio estate si era assistito a una generale tendenza alla stabilizzazione e al riassorbimento dello shock indotto dal conflitto tra Russia e Ucraina, nelle ultime settimane i prezzi di alcune commodity sono tornati a salire: è il caso di maisolio di soia e rame. Sebbene appaia prematuro leggere in ciò tendenze consolidate, questa volatilità rappresenta un elemento aggiuntivo di complessità per le aziende.

Nel dettaglio l’analisi del Centro Studi di Assolombarda

prodotti energetici sono tra le materie prime che hanno registrato i maggiori rialzi nel recente passato. In particolare, il prezzo del gas naturale europeo ha raggiunto un massimo di 346,5 €/MWh il 26 agosto, di gran lunga superiore ai livelli comunque elevati della primavera 2022, nei primi mesi della guerra in Ucraina. Il prezzo giornaliero del TTF, dopo il record del 26 agosto, è sceso sotto quota 300 €/MWh, ma rimane fortemente volatile; l’ultimo dato è del 12 settembre con una quotazione pari a 191 €/MWh.

Un andamento simile ha seguito l’energia elettrica, con il Prezzo Unico Nazionale (PUN) che, dopo aver toccato il massimo il 29 agosto di 740,1 €/MWh, è diminuito pur rimanendo anch’esso fortemente volatile; nella seconda settimana di settembre, per esempio, il PUN è stato tra i 400 e i 500 €/MWh. 

Tra gli energetici, infine, in lieve calo nei mesi estivi il prezzo del petrolio Brent, dopo essere stabilmente cresciuto nell’ultimo anno e mezzo fino al picco di 123,6 $/barile dell’8 giugno 2022. Inoltre, si può notare che l’apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro e la parità acquisita hanno contribuito all’aumento delle quotazioni in euro fino al raggiungimento di livelli di prezzo molto simili alle quotazioni in dollaro.

Per quanto riguarda i prezzi delle materie prime della filiera agroalimentare, fortemente impattati dalla guerra in Ucraina, dobbiamo distinguere tra l’andamento del prezzo del frumento e quello del mais. Rispetto al picco dallo scoppio del conflitto, il prezzo del frumento si è assestato intorno a quota 8 €/bushel nei mesi estivi (-36,7% dal picco). Invece, il prezzo del mais, dopo esser diminuito fino a un minimo di 5,54 €/bushel il 22 luglio, è tornato ad aumentare nell’ultimo mese e l’ultimo dato disponibile, quello del 12 settembre, segna 7 €/bushel. Da notare che, a causa di questo incremento, il mais è la commodity che registra, con dati aggiornati al 12 settembre, la riduzione più piccola dal picco (-10,4%).

Sul fronte degli oli si assiste ad una sostanziale normalizzazione. L’olio di palma è sceso sotto i 1.000 €/Ton durante i mesi estivi e ha registrato una variazione di -45,6% rispetto al picco. Il prezzo dell’olio di soia, invece, dopo esser diminuito anch’esso rispetto alla primavera 2022, è tornato a salire leggermente nell’ultimo mese, segnando una variazione più contenuta rispetto al massimo (-22,1% il 12 settembre) e +126,3% rispetto al valore pre covid.

Tra i metalli ferrosi, l’acciaio, dopo un costante declino, si è stabilizzato e oscilla intorno agli 800 €/Ton, valore che rappresenta un +50,6% rispetto al valore pre covid. Inoltre, il prezzo del minerale di ferro, in lenta diminuzione, oscilla intorno ai 100 €/Ton, ovvero +23,3% del valore pre covid.

Sul fronte dei metalli non ferrosi, il nichel ha completamente riassorbito lo shock dello scoppio del conflitto che lo aveva portato alla sospensione delle contrattazioni sul London Metal Exchange (-40,0% dal picco), con un prezzo che si attesta ora intorno ai 22-23 mila euro per tonnellata, pari a +74,4% rispetto a gennaio 2020. Il prezzo dell’alluminio, cresciuto in modo costante fino a inizio marzo 2022, è tornato ora sui livelli di fine 2021 (2.253,3 €/Ton il 12 settembre, +41,2% rispetto al pre covid). Il prezzo del rame, dopo aver toccato un minimo di 6.958 €/Ton il 15 luglio, è in leggero aumento, di fatto tornando sui livelli di fine giugno (7.903 €/Ton il 12 settembre). Il prezzo dello zinco, dopo i picchi di metà aprile, oscilla su livelli più bassi, tra i 3.000 ei 3.600 €/Ton. Il prezzo del cobalto dopo una forte riduzione tra fine aprile e fine agosto, si è stabilizzato intorno ai 50.000 €/Ton anche se si trova ancora su quotazioni sostenute rispetto al pre-pandemia, +101,7%. Tra le materie prime strategiche per la transizione energetica, il molibdeno ha registrato un costante incremento di prezzo nel corso del 2021 e fino a maggio 2022; successivamente, si è ridotto fino a un minimo di 13,63 €/Libbra il 2 agosto, per poi tornare leggermente ad aumentare fino a 16,58 €/Libbra il 5 settembre. Per quanto riguarda piombo e argento, i prezzi si sono recentemente stabilizzati rispettivamente intorno al +10% e +20% rispetto al pre covid.

Il prezzo del legno è sceso in modo marcato negli ultimi mesi, registrando un -59,1% rispetto al picco da inizio conflitto. Infine, il prezzo del cotone, dopo il brusco calo di fine giugno che lo ha riportato sui livelli pre-conflitto, oscilla tra 1,05 e 1,25 €/Libbra.

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