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CREMONA, SOFONISBA ANGUISSOLA E LA MADONNA DELL’ITRIA

Cremona, Museo Civico Ala Ponzone

9 aprile – 10 luglio 2022

Il 26 maggio 1573 Sofonisba Anguissola, tra le più intriganti pittrici del Rinascimento italiano, sposava il nobile siciliano Fabrizio Moncada. Dopo anni passati a corte a Madrid come dama di compagnia della regina Isabella e tutrice delle infante, la pittrice cremonese veniva accolta nella piccola corte di Paternò, alle falde dell’Etna, dove iniziava una nuova vita.

Qui restò sino al 1579 quando, deceduto il marito nel corso di un attacco di pirati avvenuto nel mare di Capri, decise di tornare a Cremona. In realtà non vi fece mai ritorno,  travolta da un fulminante amore per il capitano della nave che la conduceva a Genova, si fermò a lungo nella città ligure prima di tornare ancora una volta in Sicilia, ma questa volta a Palermo, dove morirà quasi centenaria.

La sua attività di “Reggitrice” del feudo dei Moncada è ben documentata. Altrettanto non lo è però quella di pittrice in quegli stessi anni.

La mostra “Sofonisba Anguissola e la Madonna dell’Itria”, è attesa al Museo Ala Ponzone di Cremona dal 9 aprile al 10 luglio, da dove poi si sposterà al Museo Diocesano di Catania.

Obiettivo dell’originale esposizione è mettere in luce gli anni passati da Sofonisba a Paternò, prendendo il via da un’opera certa di quel momento, la pala della Madonna dell’Itria oggi patrimonio della chiesa dell’Annunciata di Paternò.

Nel dipinto, di dimensioni considerevoli, l’artista cremonese riassume e aggiorna le trasformazioni iconografiche della Madonna  Ogiditria, modello trasmesso dal mondo bizantino  e presto recepito nelle Isole e nelle regioni  meridionali italiane al seguito delle comunità greche e albanesi giunte dai Balcani. La popolare iconografia che inizialmente propone la Madonna a mezzo busto con in braccio il Bambino Gesù seduto in atto benedicente e che la Vergine indica con la mano destra (da qui l’origine dell’epiteto) si trasforma a partire dal XVI secolo nella complessa figurazione in cui la Vergine sovrasta una cassa lignea portata a spalla da due monaci basiliani (i “calogeri”). Essi fanno riferimento alle leggende  relative al trafugamento e alla messa in sicurezza, entro una cassa, della miracolosa icona che si voleva dipinta dallo stesso san Luca e che a lungo era stata considerata una protettrice dagli abitanti di Costantinopoli, prima della definitiva catastrofe del 1453. Per sottrarla alla furia distruttiva degli Ottomani i monaci che l’avevano in custodia l’avrebbero affidata ai flutti e così sarebbe giunta sui lidi occidentali. Il culto riservato alla Madonna d’Itria raggiunse pertanto grandissima popolarità, e nel corso del XVI secolo chiese a lei dedicate sorsero ovunque in Sicilia e la Madonna dell’Itria venne proclamata Patrona dell’isola.

È accertato che il 25 giugno 1579, Sofonisba, in procinto di lasciare l’isola, abbia donato questa sua opera al convento dei francescani  di Paternò, allora luogo di sepoltura dei Moncada. Da lì è transitata  alla chiesa dell’Annunciata da dove alcun mesi or sono è partita alla volta di Cremona per essere sottoposta ad un integrale restauro.

La mostra propone la pala restaurata, accanto ad altre testimonianze (affreschi, dipinti su tavola e tela, sculture) provenienti dalla Sicilia, ma anche dal Nord Italia, che permettono di seguire l’evoluzione del tema iconografico dall’icona medievale della Madonna Odigitria a quella moderna della Madonna dell’Itria.

La mostra, che si avvale di un Comitato scientifico formato da Donatella Aprile, Gabriele Barucca, Michele Bacci, Gioacchino Barbera, Roberta Carchiolo e Mario Marubbi, conclusa l’esposizione cremonese, sarà riproposta dal 12 agosto al 4 dicembre, al Museo Diocesano di Catania. Ad accompagnarla un approfondito catalogo.

 

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