Il Comune di Mantova e l’ufficio Musei hanno presentato la conclusione del primo tassello del progetto di riordino museologico e museografico delle proprie collezioni nelle sedi di Palazzo Te, Palazzo San Sebastiano e Chiesa di San Sebastiano.
Grazie alla collaborazione con il Demanio dello Stato, proprietario del Tempio, del Ministero della Cultura, di Palazzo Ducale e della Regione Lombardia che ha contribuito fattivamente a sostenere le spese, è stata restituita alla chiesa l’originaria identità di monumento albertiano con l’ambizione di divenire un nuovo spazio di confronto sui temi dell’architettura. In occasione dell’inaugurazione, avvenuta sabato 18 giugno, l’Amministrazione ha disposto l’apertura gratuita al pubblico nel giorno dell’inaugurazione e domenica 19 giugno dalle 10 alle 18.30.
Il nuovo allestimento del Tempio di San Sebastiano inserito nel programma delle celebrazioni del 550° anniversario della morte di Leon Battista Alberti e dell’inizio dell’edificazione della Basilica di Sant’Andrea in Mantova, è stato presentato con gli intervenuti il sindaco di Mantova Mattia Palazzi, del direttore dei Musei Civici Veronica Ghizzi, del direttore del Ducale Stefano l’Occaso e del presidente della Fondazione Alberti Federico Fedel.
L’idea di ripensare all’allestimento del Tempio nasce dal confronto scientifico tra Musei Civici e Fondazione Leon Battista Alberti nella sua veste di istituto mantovano preposto alla valorizzazione dell’opera albertiana. Nel 2019 si è scelto, insieme ad una nutrita cordata di realtà culturali mantovane, di candidare una proposta per la ri-funzionalizzazione degli spazi espositivi e artistici del Tempio di San Sebastiano come uno degli obiettivi cardine all’interno del bando PIC (Piano Integrato della Cultura di Regione Lombardia) dal titolo “Partiamo dal Te!” che è stato fortunatamente riconosciuto meritevole di finanziamento.
La progettazione dell’allestimento è stata quindi affidata dal Comune di Mantova dell’arch. Marco Bonfà mentre la realizzazione dei supporti e dell’illuminazione a Promofiere Verona. Tutte le scelte sono state precedente condivise da un ampio gruppo di lavoro costituito da Settore Cultura, Lavori Pubblici in sinergia con Palazzo Ducale e la collaborazione di Fondazione Alberti.
Il tempio di San Sebastiano è il primo edificio costruito a Mantova su progetto di Leon Battista Alberti. Grazie alla cronaca di un contemporaneo, Andrea Schivenoglia, sappiamo che nel 1460 inizia la costruzione di un Tempio dedicato al santo invocato contro la peste, San Sebastiano, in una zona vicina alle mura della città, verso l’isola dove sorgerà Palazzo Te. Il marchese Ludovico II Gonzaga “per uno insonio” di una notte lo commissiona ad Alberti che si serve di Luca Fancelli per portare avanti il progetto e realizzare la decorazione architettonica. Nonostante le difficoltà costruttive del cantiere, le continue battute di arresto, il risultato visibile è quello di una struttura straordinariamente moderna e si fatica da subito a identificarla come chiesa. Il cardinale Francesco Gonzaga, figlio dello stesso Ludovico, nel 1473 scriverà perplesso di non comprendere se si tratti invece di una moschea o di una sinagoga. Alberti infatti usa la pianta centrale, tipica di molti edifici dell’antichità, per creare un linguaggio completamente nuovo, usa un alfabeto antico per creare un linguaggio dirompente ed estremante “contemporaneo”. La presenza del portico, trattato come un corpo autonomo e indipendente, ricostruisce idealmente quella struttura composta da cella e pronao, innalzati su un alto podio, che Alberti, sulla scorta delle osservazioni di Vitruvio, aveva considerato come forma ideale del tempio antico nel suo trattato De re aedificatoria. La planimetria si ripete identica nella chiesa inferiore, che ha un accesso indipendente rispetto all’aula superiore, e una sua fronte d’ingresso, e non può, quindi, essere considerata semplicemente una cripta, anche perché non esistono collegamenti interni. La lentezza nel procedere delle opere della costruzione e l’attenzione rivolta da Ludovico Gonzaga alla nuova chiesa di Sant’Andrea, lasciano alla morte di Alberti, il San Sebastiano ancora incompiuto in molte parti.
Quanto fedele all’indicazione dell’umanista sia il completamento dovuto ai canonici Lateranensi a partire dal 1488 è problema ancora aperto. Durante il restauro eseguito tra il 1922 e il 1925, si decide di trasformare l’edificio, da tempo abbandonato, in sacrario ai caduti, alterandone profondamente la struttura, con una modifica delle le aperture, il rifacimento della volta sostituendo i pilastri e le basi di sostegno ma soprattutto per l’aggiunta impropria delle due scalinate di accesso in facciata; la scala antica, infatti, tuttora esistente e risalente alla fine del Quattrocento, è posta all’interno di una loggia, sul lato sinistro del portico; e lì, in corrispondenza con le testate laterali del pronao, probabilmente Alberti aveva immaginato le due rampe d’ingresso al suo tempio.
Provenienti dalla chiesa sono i plutei prima posti sulle balaustre esterne e poi sostituiti da copie per ragioni conservative. Gli originali con rilievi decorati da motivi araldici gonzagheschi di gusto donatelliano sono ora posti all’entrata del tempio. Con buona probabilità anche il modiglione con voluta e le lastre decorate con motivi araldici gonzagheschi erano parte integrate della decorazione originale del Tempio. Dal punto di vista iconografico le baccellature presenti sui lati della mensola a voluta richiamano direttamente quelle che decorano le anse del vaso scolpito sui plutei del San Sebastiano. Le foglie di quercia nella parte inferiore della ‘spirale’, quella meno consunta, presentano stilemi che si rintracciano sia nelle foglie di quercia che ornano i plutei che in quelle ancora in situ sul fascio orizzontale del portale centrale del vestibolo del Tempio. Tutti questi particolari sono la prova di un’omogeneità di linguaggio decorativo che contraddistingue i pezzi provenienti dalla chiesa albertiana.
“Il nuovo allestimento del Tempio di San Sebastiano – ha osservato Palazzi – segna un momento importante della cultura a Mantova poiché a pochi giorni dalle celebrazioni per l’anniversario della posa della prima pietra di Sant’Andrea accendiamo i riflettori anche sull’altro importante edificio progettato da Leon Battista Alberti. Dagli anni 20 del Novecento i mantovani identificano il Tempio con il Famedio, sacrario dei caduti di tutte le guerre ma, senza perdere questa fondamentale connotazione, il Tempio è testimonianza del linguaggio di estrema modernità che il primo teorico dell’architettura ha impresso sull’urbanistica di questa città. Il nuovo allestimento del Tempio di San Sebastiano riporta in questo spazio le sculture autentiche che un tempo lo connotavano dei significati simbolici per cui era stato creato e consente di porle in relazione ad altre opere affini per contesto culturale, offrendo spunti di approfondimento e un nuovo percorso espositivo alla città. È l’occasione per riflettere sulle necessità conservative della struttura perché siamo consapevoli dell’importanza di questa testimonianza storica che per primi abbiamo scelto di valorizzare e tutelare. Tuttavia le risorse per un intervento di restauro complessivo vanno trovate in sinergia con la proprietà demaniale, Palazzo Ducale e il Ministero della Cultura perché la rilevanza del monumento albertiano merita un’attenzione di carattere nazionale”.
“Mi compiaccio per il risultato di questo progetto che valorizza agli occhi dei mantovani e di tutti i lombardi un gioiello dell’architettura rinascimentale di Mantova – ha fatto sapere l’assessore Autonomia e Cultura Regione LombardiaStefano Bruno Galli -. Il riallestimento del Tempio di San Sebastiano è stato sostenuto con convinzione e concretamente da Regione Lombardia, all’interno di un più ampio programma di interventi, per il tramite dei Piani Integrati della Cultura. I PIC sono strumenti innovativi volti a promuovere e sostenere progetti complessi finalizzati all’attuazione – sia su scala territoriale sia su tematiche prioritarie – di strategie integrate di promozione culturale e di valorizzazione dei beni culturali. Si tratta di una politica innovativa nella quale credo molto e i cui risultati eccellenti sono sotto gli occhi di tutti. I PIC incentivano la creazione di reti di partenariato pubblico e privato, favoriscono processi di valorizzazione territoriale e rappresentano un volano cruciale per affermare il primato della cultura quale fattore privilegiato per la crescita economica e sociale delle nostre comunità”.
“Il nuovo allestimento si propone di approfondire criticamente il tema della decorazione architettonica mantovana del secondo Quattrocento ed offre la possibilità di raffrontare insieme i pezzi scultorei provenienti dalle fabbriche albertiane ora restituiti in una collocazione pertinente – ha aggiunto il direttore Musei Civici di Mantova Veronica Ghizzi –. Una parte delle decorazioni di San Sebastiano ritornano nel luogo d’origine mentre altre, provenienti da Sant’Andrea e dal Palazzo Ducale di Revere, ritrovano in questa sede un nuovo contesto ideale per un confronto storico-artistico. Il rinascimento mantovano è un sentiero critico molto battuto ma la valorizzazione degli edifici e delle opere si persegue anche cercando strade e punti di vista differenti. Il progetto rappresenta infatti non un punto di arrivo ma una nuova opportunità di stimolo e studio comparato di cui saranno presentati gli esiti al termine delle indagini diagnostiche e scientifiche appena iniziate”.
“Lo straordinario tempio di San Sebastiano, con la sua pianta a croce greca probabilmente sormontata da cupola, elevato sopra un poggio, con una sorta di cripta sottostante irta di colonne, ancora oggi desta ammirazione e sorpresa ed è uno dei capolavori dell’Alberti – ha dichiarato il direttore di Palazzo Ducale di Mantova Stefano L’Occaso –. La memoria corre alle grandi chiese della cristianità greco-ortodossa e il collegamento simbolico al Vicino Oriente doveva essere ancora più chiaro all’uomo del Quattrocento, se il cardinale Francesco Gonzaga in una lettera del 1473 si domandava, perplesso, se San Sebastiano «aveva a reussire in chiesa o moschea o synagoga». Palazzo Ducale ha avuto in gestione dal Demanio questo gioiello, affidandolo alle cure del Comune di Mantova. Il nuovo importante allestimento, che include materiali comunali e statali, viene a coronare questa importante operazione, offrendo materiali alla pubblica fruizione: una strada che non può che essere pienamente condivisa”.
“Da troppo tempo il Tempio di San Sebastiano ha rappresentato l’altro Alberti, in un certo senso l’Alberti minore o dimenticato – ha concluso il presidente della Fondazione Alberti Federico Fedel -. Questo allestimento, inquadrato nel progetto riordino delle collezioni civiche della Città, rappresenta dunque un momento molto importante nel percorso di quella che possiamo chiamare la riscoperta del Tempio San Sebastiano. Il progetto ha l’obbiettivo di recuperare il rapporto tra il fruitore e lo spazio che Alberti ha pensato. La collocazione degli elementi lapidei si articola in modo da mantenere una relazione diretta con lo straordinario vuoto dell’aula. La nuova funzione prevede, oltre all’allestimento della collezione lapidea, anche la possibilità di incontri e mostre legate ai temi dell’Architettura. Mantenendo il centro dello spazio libero, l’esperienza fruitiva permette di leggere il fortissimo rapporto che questo luogo ha con l’antico. In questo senso possiamo sicuramente affermare che San Sebastiano è l’architettura più autenticamente rinascimentale mai costruita. L’interno rimanda alle grandi volte delle terme romane, come in nessun altro edifico rinascimentale, una dichiarazione di intenti chiara che fa del Tempio un’architettura ideale e senza tempo. Qui la storia dell’architettura trova uno spazio che unisce passato e presente, trova un luogo simbolo, dove il pensiero può costruire il futuro”.