“Ciò che mi fa più paura non è la morte, ma la sensazione di non aver vissuto appieno la vita”. Con questo aforisma ricordiamo la più grande stella di Hollywood. Soffocata da un’industria cinematografica che inibiva le sue potenzialità, etichettandola nel ruolo della dumb Blonde, Marilyn Monroe temeva di non aver vissuto ma di essere solo esistita e quelle parole sono testimonianza delle sensazioni che la divoravano: tristezza, un terribile senso di angoscia e alle volte una forte nostalgia per l’infanzia che non ha mai avuto.
Marilyn Monroe è rimasta cristallizzata in un’unica possibilità di esistenza: quella di Marilyn, la bomba sexy bionda e provocante, l’amante dei Kennedy, la pin up con la gonna sollevata dall’aria calda di una grata. Ma dietro la diva hollywoodiana si nascondeva Norma Jeane, una ragazza timida ma allo stesso tempo sveglia e brillante, fragile e colta. Norma non ha mai ricevuto amore, è stata abbandonata da suo padre e quasi strangolata dalle mani di sua madre. Si ritrova sola con se stessa e senza l’aiuto di nessuno muove i suoi primi passi in un mondo troppo crudele, un mondo in cui ad esercitare potere non sono uomini ma lupi. E così i suoi più grandi successi (“Come sposare un milionario” e “Gli uomini preferiscono le bionde”) se da un lato le hanno permesso di acquisire fama e notorietà, dall’altro non hanno fatto altro che consolidare lo stereotipo della donna fragile che punta tutto sul suo aspetto anziché sull’intelligenza.
Perché ricordarla? Perché Marilyn era tutt’altro che stupida: era una lettrice avida ed appassionata, scriveva poesie e stava a passo con la cultura del tempo, o per meglio dire era avanti con i tempi. Ad oggi è giusto raccontare di lei affinché si liberi da quel cliché. Non le rende giustizia parlare dei suoi mariti e dei suoi amanti, della sua presunta pazzia e della sua dipendenza da barbiturici. È arrivato il momento di accorgersi Marilyn fosse un peso massimo intellettuale, una donna colta, intelligente e brillante. Da Camus a Hemingway, da Dostoevskij ai grandi classici della filosofia come Platone e Aristotele, l’attrice dedicava il suo tempo alla lettura di questi capolavori. Molte di queste letture non erano affatto scontate negli anni 50’: all’epoca erano libri di avanguardia, letti soprattutto dalle élite culturali e Marilyn era parte di questa élite.