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PIERO MANZONI – Una voce fuori dal coro

ll Conte Egisto Manzoni di Chiosca e di Poggiolo dopo la laurea conseguita a Bologna, sposò Valeria Meroni, e scelse il capoluogo lombardo quale residenza per la sua nuova famiglia conquistato dall’impulso di modernità che si respirava in città.
Arrivò a Milano deciso a misurarsi con le proprie forze, lontano dalla terra d’origine per dare volume alla sua ambizione. Vinse la sfida e raggiunse un importante successo imprenditoriale diventando socio dell’industria alimentare Rinaldo Rossi. Capace ed ormai esperto uomo d’affari non si accontentò di quel prestigioso traguardo ma intraprese una nuova avventura e aprì la libreria Antiquitas.
Valeria Meroni, gravida del suo primogenito, in prossimità del parto si allontanò dalla casa coniugale, per recarsi a Soncino, sede della magione di famiglia. Era tradizione che le giovani spose tornassero nelle loro dimore da nubili per concepire la prole.
Soncino, nell’estate del 1933, risuonava per il gorgoglio dei fontanili, il fluire dei canali e per lo scrosciare incessante dell’acqua raccolta e rovesciata dalle ruote dei mulini della Filanda. In quel piccolo borgo, che la storia visitò diverse volte, la famiglia di Valeria aveva fondato a metà del secolo precedente una florida industria di bachicoltura e filatura della seta che diede lustro e ricchezza alla comunità.
Il 13 luglio del 1933, Valeria Meroni, giovane sposa del Conte Egisto Manzoni diede alla luce Piero, il loro primo figlio.
Stringere fra le braccia quel piccolo fagottino le fece sperimentare il sentimento più dolce mai provato e quel bimbo paffutello, dal viso tondo e lo sguardo liquido da anfibio, ancora scosso dal faticoso debutto in questo mondo, le rapì il cuore e, forse, le strappò un sorriso.
Si dice che il primo sorso d’aria, quello che scende a spalancare di vita i polmoni, sia profetico. Nel torace di Piero quel respiro arrivò con dolce tepore del sole di luglio, la determinazione delle macine di pietra e la proverbiale voracità di vita dei bachi.
Crescendo la sua fisionomia cambiò ma rimasero quasi inalterati il tondo del viso e quel paio d’occhi, grandi, curiosi e vispi, irriverenti e acuti. Piero volle sbriciolare il tempo con allegria, divertimento e senza mai risparmiarsi, visse più vita di quanta il destino non gli regalò.
L’infanzia di Piero si divise fra Milano, Albissola, Soprazocca e Soncino ed ognuno di questi luoghi gli offrì l’opportunità di entrare in contatto con personalità che furono illuminanti e gli permisero di riconoscere la sua vocazione più profonda. Attravreso una prerogativa che lo caratterizzò fin dalla giovinezza, ossia la determinazione e la confidenza con il paradosso, si ingegnò nell’ideare strategie per emergere e raggiungere la notorietà che ambiva.
A Soprazocca trascorse molte estati da bambino, in campagna, nella casa del nonno, poteva sperimentare tutta la libertà e il desiderio di indipendenza che gli erano preclusi in città. Piero si divertiva a spronare e canzonare la sua giovane truppa, formata da fratelli e cugini, da amici vecchi e nuovi, ideando giochi bizzarri e divertenti. Il suo temperamento istrionico gli fece presto conquistare il ruolo di capo banda e non perse mai l’entusiasmo della sua brigata grazie a giochi improvvisati o avventure inaspettate. Fin da piccino dimostrò notevole abilità nel disegno e dimestichezza con le parole.
Ad Albissola conobbe Lucio Fontana, amico di famiglia. L’incontro fu significativo per Piero perchè diede una nuova prospettiva al suo talento. Lucio Fontana rivestì nella vita di Manzoni il ruolo di padre spirituale, di guida, di mentore nella parafrasi del linguaggio artistico; la sua presenza divenne preziosa anche sul piano personale infatti fra i due si instaurò un sentimento di amicizia cementato da profonda stima reciproca. Lucio Fontana riconobbe in Piero il talento di razza e l’interlocutore più affascinante con cui misurarsi nel panorama di quell’epoca.
Figlio della migliore società borghese e discendente di una nobile casata, frequentò le più prestigiose scuole di Milano ed ebbe una raffinata educazione nonchè una solida preparazione scolastica. Completò gli studi classici e si diplomò. Successivamente si iscrisse alla Facoltà di Legge così come si addiceva ai giovani rampolli destinati ad assumere incarichi nella futura classe dirigente del paese.
Le ambizioni professionali, intese nell’accezione più ordinaria, borghese, non ebbero mai alcuna presa nell’animo del giovane Piero.
Continuò a frequentare l’università, riservandosi di seguire esclusivamente le lezioni a cui era interessato: filosofia.
Raggiunti i venti anni capì che la facoltà di legge non lo stava preparando ad affrontare il suo avvenire, abbandonò l’ateneo e si lasciò travolgere dal fermento intellettuale dell’ambiente artistico milanese degli anni ’50.
L’avanguardia artistica, in quegli anni, aveva stravolto il codice formale delle opere, il linguaggio delle immagini, ed aveva intrapreso un cammino di rifiuto e distanziamento dal passato. Piero Manzoni sentì che alle base delle teorizzazioni dei colleghi, alla volontà di contestazione, alla creazione di codici arditi e controcorrente mancava una autentica presa di distanza dalla tradizione. Piero Manzoni volle segnare il passo staccando radicalmente con tutto ciò che lo aveva preceduto ed anche con tutto ciò che lo circondava, teorizzò e rappresentò una alternativa originale e assoluta. Secondo Manzoni la contestazione posta in atto dalle avanguardie restava monca per la costante ricerca di un termine di paragone a cui fare riferimento, l’evocazione continua all’altra metà, il riferimento costante al piano di appoggio da cui distanziarsi o a cui fare riferimento.

Piero Manzoni volle balzare in avanti, assumersi l’onere e il divertimento di strappare con il passato, tagliare il laccio che ancora teneva insieme il vecchio e il nuovo. Volle superare i limiti per andare a vivere direttamente nell’oltre, nell’altrove, dove sperimentare e superare le idee degli altri e le prorie. Non appena conquistata una scoperta, un territorio nuovo, volle rimettersi in viaggio e ripartire per poi cercare ancora. Volle scoprire orizzonti sempre nuovi, più originali e traguardarli per il piacere di spostare ancora più in là la prossima frontiera.
Manzoni fu un artista prolifico e vorace, si interessò di letteratura e filosofia più che di tecniche pittoriche, scrisse diversi manifesti e si fece teorico di molteplici idee. La statura di grande visionario fu un connotato palese ai suoi contemporanei. Fu capace di anticipare i linguaggi ed i contenuti di movimenti artistici che da lì a pochi anni avrebbero segnato la storia dell’arte mondiale. Anticipò i contenuti della body painting, della esibizione/offerta di prodotto artistici attraverso performance e intuì con acutezza che la rivoluzione più radicale  eaffascinante riguardava il ruolo dell’artista nella società e nel panorama dell’arte.
Nel frattempo il suo corpo, quello che per lui era materia d’arte, gioco, studio, fu afflitto da un disturbo di natura cardiaca. La sua risposta alla malattia fu perfettamente in linea con la personalità. Esorcizzò il problema assumendo a necessità pasticche di cebion che teneva sempre in tasca, convinto che bastassero a tenere a bada il suo cuore ribelle.
Dal momento in cui capì che “l’arte” era la sua dimensione Piero investì tutte le sue risorse nel diventare noto e non disedegnò la partecipazione ad eventi pubblicitari che muovessero interesse e curiostà attorno alla sua figura.
Nel 1960 Nanda Vigo fu presentata a Piero Manzoni da un comune collega, un artista taiwanese e da quel momento nacque fra loro una relazione che li unì su un piano professionale e sentimentale. Fu una relazione molto intensa, ricca di confronti e di scontri, che regalò ad entrambi una vivacità straordinaria in ambito professionale.
Sul piano della eccezionalità del messaggio espresso dall’artista nelle sue opere dobbiamo citare le più interessanti: le Linee, gli Achrome e la Merda d’Artsita.
Le Linee Furono le prime opere in cui Piero Manzoni sperimentò il superamento della bidimensionalità della tela, concetto condiviso con i colleghi dell’avanguardia di quegli anni.
Gli Achrome trassero origine dalla volontà di rappresentare l’assenza del colore, non solo l’utilizzo diverso delle cromie, come nelle intenzioni di tanti colleghi, ma la sua totale scomparsa.
Ed infine, la sua opera più nota, “Merda d’artisa”.

Produsse 90 scatolette di latta che riportavano sull’etichetta la dicitua “30 gr. di merda d’artista, conservata al naturale“.

Piero Manzoni, provocatoriamente, stabilì che il valore dell’opera/scatoletta doveva equivalere a 30 gr. di oro zecchino. Manzoni con questa opera dissacrante, provocatoria, paradossale mise in discussione il concetto stesso di “valore”, di “valore” dell’opera d’arte. Alla base del suo pensiero si poneva il quesito:”Sei disposto a darmi il massimo del valore simbolico, l’oro, per il minimo del prodotto umano, per lo scarto, la cosa meno nobile che esista?
Il suo istinto straordinario lo portò a intuire che l’interesse si era diffuso dall’opera d’arte all’artista che l’aveva creata. Capì che un’attenzione morbosa si era insinuata in ogni aspetto del fare arte, dal processo creativo, alla realizzaione dell’opera fino alla fisicità in carne e ossa dell’artista. Il mercato dell’arte nutriva un maniacale interesse per tutto ciò che ruotava attorno al corpo del pittore, dello scultore, del maestro nelle arti figurative.
A 29 anni Piero fu trovato senza vita, nel suo studio in Via Fiori Chiari, dalla madre e da Nanda.
Quel mattino si consumò il drammatico epilogo della vita di un grande artista. Straordinario fu il contributo del suo pensiero e mirabile la capacità di leggere il mondo. Piero Manzoni riuscì nell’intento di proiettare l’arte italiana della metà del ‘900 nel futuro.

Derma
Derma
Nasco a Milano, una manciata di lustri fa. Mi interessano le vite stonate, distorte, irregolari e il ritmo delle loro ballate. Osservo quando un passo di danza diventa un inciampo, quando un desiderio diventa un'ossessione, quando la volontà diventa un eterno vagare e in quel luogo oscuro, dove l'asse della mente si inclina e porta altrove scruto l'orizzonte. Non sono un medico, non sono una psichiatra, non sono una legale sono solo una collezionatrice d'ombre.
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