di Sara Esposito
Il museo è nato nel 1956 su progetto dell’architetto Franco Albini, collocato a tre metri circa sotto il cortile dell’Arcivescovado. Lo spazio è composto da quattro sale circolari di diametro differente (tholos), da un vano d’ingresso e da un altro vano centrale di raccordo.
Albini ha voluto rievocare spazi arcaici, quali le catacombe, le tombe etrusche, micenee, le chiese romaniche, concependo lo spazio in funzione delle opere: pezzi d’oreficeria, d’arte sacra d’eccezionale valore artistico, storico e devozionale.
Siamo di fronte ad una novità assoluta sia in campo architettonico sia per quanto riguarda l’esposizione museale: negli anni ’50 e ’60 nacque un nuovo criterio espositivo, indirizzato alla valorizzazione delle opere d’arte, finalizzato ad un rapporto diretto con i fruitori.
Le opere erano, in origine, conservate in sacrestia; il primo nucleo, costituito tra XII e XIII secolo, caratterizzato, in prevalenza, da bottini di guerra, venne arricchito, nei secoli, da donazioni. Ciò che ci pervenuto è solo una parte del grande tesoro originario.
Molte opere vengono attualmente utilizzate in varie occasioni liturgiche: calici, ostensori, paliotti e le arche processionali che escono per le vie cittadine.
ATRIO
Argentiere genovese, 1828, Statua reliquiario di S. Lorenzo, argento sbalzato, cesellato.
PRIMA SALA (THOLOS)
Manifattura romana (primi secoli a. C. – primi secoli d. C.), Sacro Catino, vetro verde.
Emblema del museo, opera d’incerta datazione, ritenuto per tradizione il Santo Graal, ovvero il piatto usato per consumare l’agnello pasquale durante l’Ultima Cena.
Considerato per secoli di smeraldo, si tratta invece di vetro verde soffiato in uno stampo, di forma esagonale, dotato di due manici laterali.
Secondo la maggior parte delle fonti il Catino è stato portato a Genova da Guglielmo Embriaco in seguito alla conquista di Cesarea nel 1101. Fu Jacopo da Varagine, arcivescovo di Genova nel XIII secolo e autore della Leggenda Aurea, che per primo gli attribuì una valenza religiosa, proponendo un parallelo fra il Catino e il Santo Graal, usato da Nicodemo per raccogliere il sangue di Cristo nel momento della morte. Nei secoli il Sacro Catino acquistò sempre più valore ed un alone di mistero lo avvolse, infatti non era possibile vederlo da vicino, prerogativa esclusiva di personaggi illustri. Tra questi ultimi vi fu Francesco Petrarca. Nel 1319 venne dato in pegno per far fronte alle necessità economiche del Governo genovese. Agli inizi del XIX secolo Napoleone lo portò a Parigi, dove venne scoperta la natura vitrea. Probabilmente si ruppe durante il viaggio di ritorno da Torino a Genova.
Argentiere genovese, inizi XIX sec., Coppia di lampade votive, argento dorato.
SALA CENTRALE
Argentieri attivi a Genova, metà XVI sec. – inizi XVII sec., Arca processionale del Corpus Domini, argento sbalzato, cesellato, fuso, dorato.
L’arca, commissionata dai Padri del Comune nel 1553 e terminata nel 1612, opera di argentieri genovesi, fiamminghi, tedeschi e lombardi, viene portata in processione in occasione della festa del Corpus Domini.
La forma è a parallelepipedo, sormontato da un ostensorio a tempietto, dove viene posta l’ostia consacrata durante la processione. Alla base si trovano testine di angeli, mentre nella parte centrale vi sono alcuni rilievi con le Storie della Passione di Cristo, alternate agli Apostoli. Sul coperchio Profeti e angeli, alla sommità quattro Sibille in posizione speculare.
Argentiere genovese, XVIII sec., Pallio d’altare, argento sbalzato e dorato. Marchio Torretta con la data 1771. Al centro la Madonna e il Bambino.
Argentiere genovese su probabile disegno di Francesco Maria Schiaffino, 1747-1748, Madonna Immacolata, argento sbalzato, cesellato, fuso. Marchio Torretta con la data 1748. La statua venne donata nel 1747 al doge Giovanni Francesco Brignole Sale junior, il cui stemma di famiglia è riportato sulla base, in memoria della liberazione di Genova dalle truppe austriache. A sua volta il doge la offrì alla Cattedrale di San Lorenzo.
Manifattura genovese, primo quarto sec. XIX, Piviale, taffetas rosso cremisi, cappuccio di piviale in broccatello con la raffigurazione dell’Assunzione di Maria Vergine attorniata da schiere angeliche.
Manifattura genovese, ultimo quarto del XVIII sec., Piviale, Gros de Tour avorio, ricamato con fili di seta policromi.
SECONDA SALA (THOLOS)
Manifattura orafa bizantina, XIII sec., Croce stauroteca, detta degli Zaccaria, argento dorato, perle, smeraldi, zaffiri, granati, rubini, agate, corniole, cristalli di rocca.
In origine la croce venne commissionata nel IX secolo da Barda, fratello dell’imperatrice madre Teodolinda, imperatore d’Oriente, che ne fece dono alla basilica di San Giovanni Evangelista di Efeso.
Tra 1260 e il 1283 Isacco, vescovo di Efeso, la fece rifare nella foggia con la quale ci è pervenuta, avendo riscontrato il pessimo stato di conservazione in cui si trovava. Nel 1308 i turchi depredarono la basilica. Nell’anno successivo la croce venne riconquistata dalla famiglia genovese Zaccaria che nel XIV secolo ne fece dono alla Cattedrale di Genova. Venne, quindi, usata nella cerimonia di benedizione del doge il giorno dell’elezione.
La faccia anteriore, in oro e pietre preziose, conserva, al centro, frammenti di legno che la tradizione attribuisce a parti della Croce di Cristo; per questo motivo si definisce stauroteca, ovvero reliquiario della Vera Croce.
Sul retro si trova una scritta in greco: “Questa sacra custodia Barda Cesare fabbricò e Isacco arcivescovo di Efeso rinnovò perché logora” accanto ad immagini a sbalzo che rappresentano: San Giovanni Evangelista, la Vergine, gli arcangeli Gabriele e Michele e il Cristo Pantocratore.
Attualmente si espone in Cattedrale il Venerdì Santo.
Argentiere bizantino, XI-XII sec., Reliquiario del braccio di Sant’ Anna, argento dorato, gemme, proveniente dall’antica colonia genovese di Pera.
Argentiere bizantino e argentiere genovese, XIV sec., Reliquiario del braccio di San Giacomo, argento, proveniente dall’antica colonia genovese di Pera.
Manifattura fiorentina, XVI-XVII secc., Stipo delle ceneri di San Giovanni Battista, argento dorato, perle, smalti, pietre dure. Appartenuto alla famiglia Pinceti, che lo aveva venduto alla Cattedrale di Genova per motivi economici, era in origine probabilmente un portamonete o portagioielli.
Gerolamo Borgo, (Gap 1641- Genova 1718), inizi sec. XVIII, Statuetta di San Giovanni Battista, argento fuso, dorato. La statuetta, su modello di Honoré Pellé, era destinata originariamente al coperchio dello stipo fiorentino posto nella stessa vetrina e che venne riservato per contenere le ceneri del santo. Per molti anni la statuetta venne collocata nel Battistero. Gerolamo Borgo ricoprì a lungo l’incarico di saggiatore alla Zecca di Genova.
TERZA SALA (THOLOS)
Teramo Danieli -Simone Caldera, 1438-1445, Arca processionale delle ceneri di San Giovanni Battista, argento sbalzato, fuso, dorato, smalti.
L’arca nacque per portare le ceneri di San Giovanni Battista, patrono di Genova, in processione il 24 di giugno. Tali reliquie, conservate in Cattedrale dentro l’altare della cappella del Santo, sono state portate dai genovesi da Mira nel 1098.
Nella parte centrale sono narrate le storie del Precursore: l’Annuncio a Zaccaria, la Visitazione, la Nascita, l’Imposizione del nome, l’Angelo conduce Giovanni nel deserto, la Predicazione, il Battesimo di Gesù, la Decollazione, il Banchetto di Erode, la Sepoltura.
La forma ripropone quella di una chiesa gotica in miniatura. Ai quattro angoli: San Giovanni Evangelista, San Matteo e due protettori della città: San Giorgio e San Lorenzo.
L’arca venne commissionata dai Priori della Cappella del Battista e realizzata tra il 1438 e il 1445 da Teramo Danieli, l’unico che appose la firma. Gli subentrò Simone Caldera che aveva una formazione internazionale, già rinascimentale. Il suo aggiornamento alla cultura toscana si riscontra nella statua di San Giovanni Evangelista e nella scena della Decollazione, che ricordano la grande statuaria e rivelano strette analogie con Ghiberti. Si distinguono, inoltre, due personalità artistiche di collaboratori, di cultura lombarda e borgognona. A quest’ultimo si attribuiscono le statuette alla sommità delle guglie. Riconducibili al lombardo le scene con gusto descrittivo, come il Banchetto di Erode.
Manifattura romana, I sec. d.C., e Orafo parigino, inizi XV secolo, Piatto di San Giovanni Battista. Calcedonio, oro, rubini, smalti.
Secondo la tradizione sarebbe stato usato per accogliere la testa del Battista al momento della Decollazione.
Si tratta di un pezzo eccezionale per qualità artistica, valore intrinseco e devozionale. Il recipiente è di calcedonio di produzione romana del primo secolo d. C., probabilmente commissionato da un imperatore. La decorazione, che lo incornicia e lo caratterizza con la testa del Precursore, è opera francese degli inizi del XV secolo; presenta raffinate punzonature a fiorellini, contrassegnata da una scritta in latino, in caratteri gotici, tratta dal vangelo di San Matteo: “Joannes Baptiste inter natos mulierum non surrexit maior” (Giovanni Battista, tra coloro nati da donna, non vi fu uno più grande). Tale decorazione, che prosegue sul retro con eleganti tralci di vite, serve per tenere insieme il piatto e a nasconderne la rottura.
Si tratta di un regalo di Papa Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cybo) alla Protettoria della Cappella di San Giovanni Battista, in punto di morte. Il Papa lo aveva, a sua volta, ricevuto dal Cardinale Balue, personaggio di spicco della Francia della metà del XV secolo, consigliere del re di Francia. Molto probabilmente, il committente del decoro quattrocentesco è da ricercare tra gli esponenti della dinastia dei Valois: lo stesso re Carlo VI, oppure Jean de Berry o Filippo il Buono.
Bolla di Papa Gelasio II per la consacrazione della Cattedrale di Genova, 1118, pergamena. E’ visibile al centro il sigillo di piombo con le teste di San Pietro e San Paolo.
Argentieri francesi e genovesi, seconda metà del XII sec., Arca per le ceneri di San Giovanni Battista, detta del Barbarossa, argento sbalzato, cesellato, quarzi. Opera del XII secolo, in lamine d’argento che rivestono una cassa di legno. Si tratta della più antica arca, che si conosca, che abbia conservato le ceneri di San Giovanni. La forma è a capanna, con spioventi decorati a motivi vegetali. Nel lato anteriore sono narrate le scene del martirio: Erodiade istiga Salomè, Erode assiste alla danza di Salomè, il servo porta la testa del Battista, il carnefice sta per attuare la Decollazione. Secondo una tradizione tardo – seicentesca l’arca sarebbe un’offerta devozionale dell’Imperatore Federico Barbarossa. Non vi sono, però, documenti che attestino la donazione imperiale: l’elemento a favore di questa tesi è costituito dalla datazione assegnata all’ottavo decennio del XII secolo. Il committente potrebbe essere un alto prelato o un esponente politico genovese, ma non è da escludere la committenza imperiale. Sono assegnabili al XVI secolo l’Angelo e la Natività sul retro, così le bordure di rinforzo degli spigoli e delle coperture e il rosone centrale, collocato sullo spiovente del lato anteriore.
Argentieri genovesi, 1508-1576, Cassetta per il rito del bacio delle ceneri di San Giovanni Battista, argento dorato, fuso, cesellato.
Argentieri genovesi, fine XVIII sec., Crocifisso, argento fuso.
Argentiere genovese, XVIII sec., Reliquiario detto dei capelli della Vergine, argento fuso, sbalzato, dorato, gemme, smalti.
Argentiere romano, 1683, Corone per l’immagine di Nostra Signora del Soccorso (Madonna e Bambino che si trova in Cattedrale), oro, gemme.
Argentiere genovese, seconda metà del XVIII sec., Calici, detti Calice grande e Calice piccolo di San Giovanni, argento fuso.
QUARTA SALA (THOLOS)
Melchior Suez, 1599, Pallio d’altare, detto del Corpus Domini. Argento sbalzato, fuso. Dentro le nicchie sono raffigurati i quattro evangelisti, negli ovali i martiri di San Giovanni Battista, San Lorenzo, San Sebastiano.
Argentiere genovese, 1892, Pallio d’altare, detto del Santissimo Sacramento. Argento sbalzato, fuso. Al centro è riprodotta L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.
Argentiere genovese, seconda metà XVI sec., Calice, argento fuso, dorato.
Argentiere genovese, 1589, Calice della Società di Santa Maria in Vestibus Albis, argento fuso, oro.
Argentiere italiano, XVII sec., Calice, argento fuso. Nel nodo del calice è raffigurata la Natività di Gesù, mentre nella base è rappresentato il Compianto sul Cristo morto.
Vincenzo Coaci (Roma 1756-1794), 1791, Calice di Sant’Antonio di Prè, argento fuso, dorato. Decorazioni con simboli della Passione.
Argentiere genovese, prima metà XIX sec., Calice, argento fuso. Decorazioni con simboli della Passione.
Argentiere genovese, 1806, Reliquiario della Sacra Spina, argento fuso, dorato. Dono del Cardinale Spina.
Oreficeria genovese, prima metà del XIX sec., Ostensorio, argento fuso, dorato.
Oreficeria genovese, prima metà del XIX sec., Ostensorio, argento fuso, dorato, sbalzato. Dono del Cardinale Spina.
Argentiere italiano, XIX sec., Ostensorio, oro fuso, sbalzato, gemme. Sono raffigurate la Colomba dello Spirito Santo, Dio Padre Benedicente, l’Immacolata, San Giuseppe, San Giorgio e il drago.
Argentiere francese, 1877, Calice di Papa Pio IX, argento dorato, fuso, smalti.
Argentiere napoletano, 1887, Calice di Papa Leone XIII, argento dorato, fuso, smalti.
Argentiere italiano, inizi XX sec., Calamaio di Papa Benedetto XV, oro fuso, smalti.
Argentiere italiano, 1918, Pisside di Papa Benedetto XV, argento dorato, fuso, perle, gemme.
Orefice genovese, XX sec., Sacro Cuore, oro, brillanti, rubini, perle. Ex voto.
Orefice genovese, 1934, Ostensorio, Calice oro bianco fuso, perle, acquemarine, smeraldi, rubini, doni della famiglia Cattaneo Adorno.
Croce pettorale, XVIII sec., olivine, Croce pettorale, fine XIX sec., cristalli di rocca, Anelli pastorali, XX sec., ametiste, olivina, quarzo citrino, oro, appartenute al Card. Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova dal 1945 al 1986, morto nel 1989, e da lui donate al museo.