M.ART.E porta in scena a Catania i disagi psichici dell’età adolescenziale
La scuola varesina di musica, arte e spettacolo parteciperà al prestigioso appuntamento teatrale Catania Off Fringe Festival il prossimo 19 ottobre con un toccante monologo dedicato ai disturbi alimentari.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le malattie psichiche sono in aumento nel mondo. Si stima che, nel periodo post pandemia, 1 persona su 8 soffra di disturbi della psiche; nei paesi ad alto reddito (UE e USA) metà delle persone affette non viene curata o non riceve una diagnosi. Un problema non certamente nuovo che ha subito un’impennata anche per l’estremo utilizzo della digitalizzazione (e il conseguente isolamento) a cui le persone sono ricorse durante la pandemia. La connessione virtuale ha svuotato così le emozioni esponendo i più giovani a pericoli enormi: in Italia sono 700mila gli adolescenti che rischiano di perdere il senso della realtà lasciando spazio a forme gravi di disagio psichico. Da questo punto di vista, la situazione pre pandemia quindi è solo peggiorata.
Lia Locatelli insegna teatro. Insieme a Caterina Rossi è fondatrice della scuola varesina M.ART.E., un angolo di libera espressione creativa in uno storico edificio cittadino, un tempo convento. Pochi anni prima l’inizio della pandemia, Lia decide di tenere dei corsi di teatro ludico in un reparto di neuropsichiatria infantile di cui non riveliamo il nome per volere della stessa. Un incontro che le cambia la vita aprendole un’inedita prospettiva sul disagio psichico tra i più giovani. La parola è da sempre rappresentazione e il teatro non ne fa eccezione. Anzi proprio la sua capacità di mettere in scena sentimenti di qualsiasi natura, lo rende un forte strumento liberatorio a beneficio di chiunque, adolescenti compresi. Qualche anno dopo, Lia decide di dare il suo contributo al tema, stimolata dall’esperienza vissuta con ragazzi del Centro in stato di ricovero coatto. Un lavoro che farà ricorso alle sue capacità teatrali e la impegnerà fino agli anni della piena pandemia.
Nasce un monologo sofferto ma liberatorio dal titolo “Ed Recovery” in altre parole Eating Disorder Recovery, dall’inglese recupero o guarigione dai disordini alimentari. A lavoro ultimato, la sfida per Lia è ormai chiara: parlare dei disturbi alimentari in età adolescenziale portando in scena le testimonianze di chi li ha subiti per dare voce al disagio e offrire un messaggio positivo di possibile guarigione. Di questo tratta “Ed Recovery”
Un auspicio che si avvera quando il suo monologo, la cui coreografia è curata dalla cofondatrice delle Scuola M.ART.E Caterina Rossi, viene scelto per partecipare alla nuova ed imminente edizione del prestigioso Catania Off Fringe Festival in partenza il 16 ottobre nella città siciliana. Un debutto fuori dai confini della città che sa subito di riconoscimento al lavoro svolto e alla tematica trattata.
Lia e Caterina ci ricevono nella graziosa sala prove del piccolo teatro della scuola. È un pomeriggio sereno di clima quasi estivo, la luce penetra dalla porta aperta della sala creando un quasi “effetto riflettore”.
Lia Locatelli, intanto riavvolgiamo il nastro e parliamo della genesi del tuo monologo. Durante la tua esperienza presso la neuropsichiatria infantile, che cosa ti ha spinta a scriverlo?
I ragazzi e le ragazze con cui mi sono rapportata durante la mia esperienza erano pazienti gravi, potrei definirli in fin di vita senza utilizzare termini esagerati. Questo per chiarire la drammaticità della situazione che ho vissuto da persona esterna al contesto. Nonostante questa gravità, e qui vengo al punto, i giovani pazienti raccontavano il calvario della loro malattia, inclusi i dettagli più drammatici, con una sorprendente e disarmante leggerezza, quasi fossero normali pagine di vita quotidiana. La gravità delle esperienze raccontate si era trasformata in qualcosa di ordinario per loro, come se si riferissero a realtà svuotate della parte di emozione. Di fronte ad un destino ormai segnato in cui questi ragazzi sembravano, ai miei occhi, non avere più i mezzi per reagire, mi sono ripromessa di reagire.
È nata quindi l’idea del monologo…
Sì, un pezzo teatrale di grande intensità per via della sua genesi che, ci tengo a precisare, cerca di dare voce alle storie di questi ragazzi apparentemente destinati alla fine. È un monologo in prima persona in cui la mia vuole essere l’interpretazione più vissuta possibile della loro malattia che di ordinario ha veramente poco. Non è un caso che il mio lavoro sia terminato proprio nel periodo di isolamento forzato a cui la pandemia ci ha costretti. C’era una grande voglia di terminarlo e di farlo conoscere uscendo dall’isolamento. Poi, quest’anno è arrivata la notizia da Catania, un evento che ci ha riempite di gioia anche perché si tratta della prima produzione come M.ART.E. A questo proposito, vorrei ringraziare Niccolò Maggio per la regia tecnica e Caterina per tutta la parte di coreografia a testimonianza del fatto che si tratta di un monologo con una forte parte visiva. In scena, l’effetto voluto è quello di un’installazione artistica con un grado molto elevato di esperienza immersiva. In ultimo, una parola di gratitudine per gli psicologi del gruppo Jonas che mi hanno coadiuvata fino in fondo.
Di fronte a questo tentativo di ineluttabile normalizzazione da parte dei giovani pazienti, trova ancora spazio un messaggio di speranza nel tuo lavoro?
Il fatto di parlare al pubblico è già un messaggio di speranza. Tuttavia, vorrei raccontarvi un episodio che mi ha profondamente colpita proprio nel periodo in cui svolgevo l’attività di teatro ludico presso il reparto di neuropsichiatria infantile. A fine corso, una ragazza ospite del Centro mi ha ringraziata per averle suggerito i nomi di alcuni maestri di canto della sua città che conoscevo confidandomi un suo desiderio: “Da grande voglio fare la cantante; mi stufo di tutto ma non di cantare.” Quello è stato forse il messaggio di speranza più toccante e sincero che potessi raccogliere a fine della mia esperienza. Uno squarcio di luce che ho voluto far vivere nel lavoro che avrei iniziato a scrivere di lì a poco.
Caterina Rossi, cosa è possibile far fronte al silenzio che circonda questi temi?
Ancora oggi i disturbi alimentari sono un tabù, qualcosa di cui vergognarsi; una cosa inaccettabile se pensiamo alle gravi conseguenze che questi creano nella vita di alcune persone, in particolare quelle dei più fragili come appunto i giovani. L’impegno di tutti, per quanto possa sembrare banale, è quello di parlarne e di aiutare a parlarne. I disturbi alimentari sono malattie della psiche che, se intercettate e diagnosticate in tempo, possono essere risolte. Sono contenta che a contribuire a questo scopo sia proprio il teatro, un’arte che amiamo e che cerchiamo di trasmettere ogni giorno attraverso il nostro lavoro. Ci impegneremo affinché la nostra prima produzione possa continuare ad avere la massima visibilità anche nei mesi successivi alla prima.
Oggi 10 ottobre si celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale. L’impegno della Società Italiana di Psichiatria (SIP) che quest’anno compie 150 anni, è quello di rinnovarsi per meglio rispondere alle nuove esigenze richieste dalla nostra società. Tra queste c’è la necessità di intercettare ancora più precocemente le malattie mentali soprattutto tra i più giovani, non solo per curarle ma possibilmente per prevenirne la loro manifestazione. Anche la Giornata Mondiale della Salute Mentale serve a ricordarci che queste malattie sono ancora lontane dall’essere riconosciute come tali mentre chi ne soffre viene ancora oggi ingiustamente colpevolizzato.
Appuntamento a teatro con “Ed Recovery” al Catania Off Fringe Festival.
Qui il programma completo del Festival: Programma (cataniaoff.com)
Maggiori approfondimenti sul tema della Giornata Mondiale della Salute Mentale a questo link.
A cura di Luca Ruspini