I dati della terza ricerca dell’Osservatorio BenEssere Felicità presentati in Confcommercio Milano, il 22 maggio 2023
Lavoro? La “felicità” tra nuovi equilibri e valorizzazione dei talenti
Il 56% soddisfatto della propria attività lavorativa, il 44% vorrebbe cambiarla
L’evento “Il lavoro che cambia” con l’Associazione Ricerca Felicità, Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza e l’Osservatorio Nazionale sullo stile di vita Sostenibile promosso da LifeGate.
Presentato oggi in Confcommercio Milano (Veranda Liberty di Palazzo Castiglioni in corso Venezia) l’Osservatorio BenEssere Felicità con i dati del Barometro della felicità 2023.
Rispetto allo scorso anno, quando il 38,5%[1] delle persone era propenso a cambiare lavoro nel breve periodo, nel 2023 la percentuale aumenta: 44%. Il 56% resta soddisfatto. Un numero destinato a crescere, secondo l’Osservatorio BenEssere Felicità, e che indica come sia necessario arrivare innanzitutto a soluzioni con un maggior equilibrio vita privata-lavoro. Tra coloro che si dichiarano aperti a cambiare lavoro emergono, oltre ad esigenze di miglioramento economico, anche aspettative come la soddisfazione dei bisogni, la valorizzazione delle singole capacita` individuali e la percezione che il lavoro possa dare un senso alla loro vita. Al contrario, gli stessi aspetti sono riscontrabili nella loro attività, da chi non è intenzionato a cambiare lavoro.
Assieme alla citata importanza di poter soddisfare i propri bisogni e valorizzare i talenti professionali, tra gli aspetti più rilevanti nella scelta del posto di lavoro, secondo i dati 2023, troviamo al primo posto l’essere apprezzato-stimato che tocca il 44,7%, l’amore per il proprio lavoro che raggiunge il 37,8%, al terzo posto troviamo l’essere stimolato alla crescita con il 30,2%. Seguono elementi chiave come la flessibilità oraria (28,4%), la fiducia (23,7%) e il controllo di ciò che si fa (21,4%). Di contro, risultano meno fondamentali per la scelta elementi come il fare la differenza che si afferma all’11,6%, i collaboratori al 12,3% e l’essere allineati ai valori dell’organizzazione (13%).
“La pandemia ha fatto esplodere elementi che erano già presenti: i lavoratori hanno preso ancora maggiore consapevolezza della necessità di un cambiamento. I nostri dati dimostrano che vi è l’urgenza di rendersene conto mettendo in atto azioni concrete in grado di generare maggiore benessere. Ne va della forza competitiva delle imprese perché la felicità permette di performare meglio, di attrarre talenti e di fidelizzare le persone” afferma Elisabetta Dallavalle, presidente dell’Associazione Ricerca Felicità
“I dati che emergono dalla ricerca ci consentono di fotografare il cambiamento delle aspettative e aspirazioni delle lavoratrici e dei lavoratori nel nostro Paese. La pandemia del resto ha modificato le nostre vite e il nostro modo di lavorare, così da far nascere anche nuove esigenze, necessità e una voglia di cambiamento prima più limitata – dice Alessia Cappello, Assessora al Lavoro e allo Sviluppo Economico del Comune di Milano. “Riconoscere le priorità di chi lavora e concretizzare politiche per creare maggior benessere per tutti, è un driver di crescita e sviluppo, ma anche un modo per aziende e attività per trattenere i talenti migliori. La grande opportunità che abbiamo in questo momento è costruire un mondo del lavoro più inclusivo e sostenibile, capace di rigenerare persone, economia e ambiente – ha aggiunto l’assessora – questo è anche uno degli obiettivi centrali del nostro Patto per il lavoro di Milano”.
“Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito a una rivoluzione nel mondo del lavoro – spiega Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza – Cambiamenti ed evoluzioni profondi che hanno avuto un impatto sulle aspettative delle persone e sul ruolo delle imprese. La trasformazione digitale, l’accelerazione tecnologica, valori sempre più legati alla sostenibilità, hanno ridefinito i modelli tradizionali di lavoro creando nuove opportunità e sfide. Le persone oggi cercano sempre più autonomia e flessibilità nella gestione del proprio tempo e delle proprie attività professionali, per migliorare l’equilibrio tra vita privata e lavoro”.
“Le imprese – prosegue Barbieri – sono consapevoli di questa evoluzione e stanno sviluppando nuovi modelli di lavoro per essere competitive nel mercato attuale, sfruttando il digitale, investendo in tecnologie innovative e promuovendo una cultura aperta all’innovazione e al welfare. L’attenzione verso le collaboratrici e i collaboratori, l’inclusione, e la sostenibilità economica, sociale e ambientale, sono diventati elementi centrali per le imprese”.
“Tra i tanti dati raccolti abbiamo osservato anche come il vivere in modo sostenibile contribuisca ad aumentare la felicita`. Il 46,8% degli intervistati afferma che vivere in modo sostenibile renda piu` felici, mentre solo il 5,3% pensa che cio` contribuisca molto poco o addirittura per niente alla propria felicita`” afferma Elga Corricelli, co-founder Ricerca Felicità “Interessante notare come questa affermazione trova maggiore riscontro nei paesi del Sud Italia, passando poi dal Centro, Nord-Est e infine nel Nord-Ovest”.
Al giorno d’oggi, la sostenibilità è uno dei driver principali che guida le aziende e i brand nel fare business con una grande responsabilità verso i consumatori. Questi ultimi, infatti, come svelato dai dati dell’8° Osservatorio Nazionale sullo stile di vita Sostenibile, realizzato e promosso da LifeGate in collaborazione con Renato Mannheimer di Eumetra, ritengono che i tre fattori principali per definire un’organizzazione realmente sostenibile siano rappresentati dalla sostenibilità dei processi produttivi (38% vs il 25% della Gen Z), dall’utilizzo responsabile delle risorse (33% vs il 28% della Gen Z) e dall’attenzione ai lavoratori (22% vs il 32% della Gen Z). Tra i criteri che guidano un consumatore durante il processo di acquisto di un prodotto e/o servizio, i più importanti sono rappresentati dalla presenza di informazioni trasparenti (35% vs il 26% della Gen Z), dal controllo della filiera di produzione (31% vs il 26% della Gen Z), dalla presenza di certificazioni/loghi sostenibili (23% vs il 26% della Gen Z) e dall’attenzione ai diritti dei lavoratori (21% vs il 18% della Gen Z).
Per un’azienda non basta semplicemente definirsi sostenibile per poter attrarre il maggior numero di clienti e consumatori perché questi ultimi sono spaccati a metà rispetto a chi ritiene che l’impegno di un’impresa per un futuro green sia concreto (46%vs 39% della Gen Z) e chi invece pensa sia solo un’operazione di marketing (45% vs 44% della Gen Z) per seguire il trend della sostenibilità in atto e avvicinarsi alle richieste delle persone e del mercato.
“Come LifeGate siamo impegnati da oltre 20 anni a promuovere una cultura della sostenibilità tra le principali aziende italiane, prendendole per mano e aiutandole a integrare i concetti di sostenibilità nel loro modello di business – dichiara Simona Roveda, direttore editoriale e comunicazione di LifeGate – Il momento storico che stiamo vivendo è straordinario, con un mondo che sta cambiando molto velocemente e radicalmente e la sostenibilità per un’impresa è diventata, oggi, un elemento imprescindibile e un fattore in grado di poter garantire attrattività e competitività nel confronto con le aziende e i brand concorrenti. Le imprese devono dunque essere sostenibili in quello che fanno e in come lo fanno, avendo una grande responsabilità verso i clienti e i consumatori, ma soprattutto verso il nostro Pianeta”.
Associazione Ricerca Felicità: nasce dall’incontro tra Sandro Formica, Elga Corricelli ed Elisabetta Dallavalle e mira a voler comprendere lo stato attuale di felicità e benessere nel nostro Paese attraverso un’indagine annuale che, nella prima edizione, ha coinvolto 1314 partecipanti lavoratori divisi a seconda di età (Baby Boomer, Generazione X, Millennial e Generazione Z), sesso e appartenenza territoriale (nord ovest, nord est, centro e sud).
Per il terzo anno consecutivo l’associazione Ricerca Felicità misura lo stato di salute della felicità e del benessere dei lavoratori, sia nella dimensione aziendale sia in quella individuale e sociale. I dati vengono raccolti ed elaborati grazie a una survey che ha coinvolto 1106 persone (nel 2022 erano 1079), esclusivamente persone occupate appartenenti a 4 tipologie (lavoratori Dipendenti, Manager, Liberi professionisti/partite IVA/piccoli imprenditori e Imprenditori) e appartenenti alle 4 principali generazioni: Baby Boomer, Generazione X, Millennial, Generazione Z (con un minimo di 100 rispondenti per generazione).
[1] Totale rispondenti 2022: 1079 (Ponderato); Totale rispondenti 2023: 1.106 (Ponderato)