Secondo il 48% degli intervistati in un’indagine condotta da Legacoop e Ipsos i programmi scolastici sono troppo teorici ed obsoleti. Oggi alla campanella di fine anno si aggiunge dunque il suono di un campanellino d’allarme che ci rammenta che la scuola ha un urgente e forte bisogno di innovazione.
“Dare risposte anziché fare domande. Incoraggiare il pensiero analitico, ma non quello sintetico. Valutare la performance con voti e giudizi senza nutrire la consapevolezza personale. La scuola, in particolare quella italiana, salvo rare eccezioni, è una palestra di ciò che spesso si rivela inutile nel mondo lavorativo contemporaneo” secondo Irene Morrione, CEO di Into The Change, società che affianca le più grandi organizzazioni italiane e multinazionali in processi di cambiamento culturale.
“Viviamo l’intero ciclo scolastico venendo messi alla prova sulle nostre capacità mnemoniche di trattenere informazioni per saperle poi restituire con prontezza davanti a una domanda, quando nel mondo reale, in particolar modo con l’arrivo dell’intelligenza artificiale, reperire informazioni e conoscenza non è tanto cruciale quanto invece saper valutare e selezionare le fonti – continua Morrione – nel mondo del lavoro odierno non sono richieste solo le capacità logico-razionali, ma soprattutto le soft skills e l’intelligenza emotiva”
Secondo il WeWorld report, inoltre, la scuola italiana è una delle più stressanti al mondo: gli studenti italiani trascorrono sui libri 50 ore in media a settimana, ossia 7 ore al giorno e più della metà degli studenti dichiarano di sentirsi nervosi mentre studiano, rispetto a una media OCSE del 37%.
Oltre all’effort che viene richiesto agli studenti, anche la metodologia di insegnamento, da considerarsi jurassica, è ben distante dal creare engagement. Secondo Daniele Novara pedagogista e autore del libro “Cambiare la scuola si può. Un nuovo metodo per insegnanti e genitori, per un’educazione finalmente efficace”:
“Nulla si muove: lezioni frontali, compiti a casa, studio mnemonico continuano a essere al centro della didattica, spesso senza motivazioni pedagogiche, e i nostri figli imparano con lo stesso metodo delle generazioni precedenti, come per inerzia” … propone invece un metodo maieutico che, in alternativa alle pratiche antiquate che ancora governano la grande e complessa macchina dell’istituzione scolastica, pone al centro la scuola come comunità di apprendimento: una comunità dove si impara dai compagni, si fanno domande, si sperimenta in laboratorio, si sbaglia e ci si diverte, e in cui l’insegnante agisce come un regista, lasciando il protagonismo ai suoi allievi”
È arrivato il momento di ripensare radicalmente il nostro approccio all’educazione. La scuola italiana deve trasformarsi per preparare gli studenti, non solo a superare esami e a prendere 10 all’interrogazione, ma a sviluppare pensiero critico, creatività ed intelligenza emotivo-relazionale … altrimenti la scuola sarà davvero finita.