C’è ancora molto da fare ma Julian Assange (52enne, giornalista di pace, programmatore e attivista australiano, cofondatore e caporedattore dell’organizzazione divulgativa WikiLeaks, “founded by Sunshine Press to disseminate documents, photos and videos which have political or social significance”), da oltre quattordici anni di calvario giudiziario, in lotta per la sua libertà (5 anni passati in carcere in Inghilterra), dopo per aver rivelato notizie e inchieste che sicuramente il mondo aveva il diritto di conoscere, è ora libero.
Al giornalista, invecchiato precocemente e che ha sacrificato in nome della giusta informazione e della verità, la sua vita, è stata concessa la libertà su cauzione dall’Alta Corte di Londra ed è stato rilasciato all’aeroporto di Stansted nel pomeriggio di ieri. I Pubblici Ministeri del Dipartimento di Giustizia chiederanno una condanna a 62 mesi, equivalente agli oltre cinque anni che Assange ha scontato in un carcere di massima sicurezza a Londra mentre combatteva contro l’estradizione negli Stati Uniti. Il patteggiamento riconoscerebbe il tempo già trascorso dietro le sbarre, consentendo ad Assange di tornare immediatamente in Australia, dove è nato.
Dopo una battaglia legale durata 14 anni, in contrasto con la richiesta di estradizione degli Stati Uniti, il fondatore di WikiLeaks, che ha segnato uno dei più grossi scandali del nuovo millennio, ha raggiunto un accordo con il dipartimento di Giustizia degli Stai Uniti e ha patteggiato: ammette le sue responsabilità riconoscendo di aver compiuto un reato in relazione alla divulgazione di segreti militari e diplomatici. Non è una vittoria piena ma vale al massimo per la libertà, dopo anni di sofferenza indescrivibile e per un giornalista che ha fatto il suo mestiere.
Julian Assange ha accettato di dichiararsi colpevole di uno dei diciotto capi d’accusa che avrebbe dovuto affrontare, quello di aver cospirato con la “whistleblower” (chi denuncia attività illecite) Chelsea Manning, per ottenere informazioni legate al settore della sicurezza nazionale.
È stato rilasciato ieri sera dal carcere di Belmarsh, dopo una detenzione di 1901 giorni, e poi imbarcato su un aereo che ha lasciato il Regno Unito alle 18 ora italiana. Julian può tornare in Australia a rivedere i suoi bambini.
La protesta internazionale è stata da sempre pacifica e la conseguente mobilitazione diplomatica del governo australiano, è stata fondamentale per arrivare alla sua liberazione.
Sua moglie Stella, ha scritto: “Le parole non possono esprimere la nostra immensa gratitudine a VOI, sì, a VOI, che vi siete tutti mobilitati per anni e anni per far sì che tutto ciò diventasse realtà. GRAZIE. Grazie. GRAZIE”.