Parto da alcuni elementi dell’attualità, per scrivere dello spettacolo “Giovinette”: stanno per partire i Mondiali di calcio nel Qatar (con tante polemiche fuori dai temi dello Sport); la Nazionale italiana maschile non sarà presente e le calciatrici della nazionale femminile, invece, da alcuni anni sta conquistando (fortunatamente) terreno nella giusta credibilità.
La PRIMA NAZIONALE dello spettacolo teatrale “Giovinette”, si terrà dal 22 AL 27 NOVEMBRE, a Milano, al Teatro della Cooperativa, sito nel quartiere di Niguarda e luogo d’incontro di cultura da molti anni, sul territorio del Municipio 9, affronta il racconto di una storia al femminile, dedicata al mondo del calcio e, soprattuttto, ambientata durante il periodo del fascismo in Italia, in cui le donne dovevano restare accanto al focolare domestico e non potevano certo ambire a diventare atlete del “giuoco” del calcio. Lo spettacolo è tratto dal romanzo di Federica Seneghini e Marco Giani, con la regia di Laura Curino, con le interpreti Federica Fabiani, Rossana Mola e Rita Pelusio, e racconta la storia vera di donne determinate, che hanno messo al servizio della comunità la loro esigenza di essere contro ogni forma di repressione e per l’emancipazione femminile, ai tempi del regime, attraverso il gioco del calcio, assolutamente simbolo maschile non ancora del tutto sciolto dagli stereotipi di genere, anche nel 2023.
La regista descrive la sua opera: “Una favola. Una storia da raccontare, nel ricordo che non si deve mai smettere di leggere i segnali di cambiamento. Siamo nella primavera del 1932, un anno tra i più piovosi del secolo, dove un gruppo di ragazzine, nei giardini di Porta Venezia, a Milano, scopre di potersi divertire tanto quanto si divertono i maschi correndo dietro a una palla. Sembra così naturale: stesso entusiasmo, stesso luogo, stesso tempo, stessa età, stessa primavera. Sesso diverso. È stata la prima squadra di calcio femminile in Italia”.
Federica Seneghini ha dedicato molto tempo a ricostruire questa storia e a scrivere un bellissimo racconto, ricco di documenti e testimonianze. Domenico Ferrari ha avuto il difficile compito di trasformare 330 pagine (che comprendono anche il bel saggio di Marco Giani) in 35 pagine di copione teatrale per tre bravissime attrici, immerse in una scena semplice da allestire in qualsiasi spazio: un teatro, una piazza, una scuola.
I costumi, con altrettanta semplicità, indicano il loro tempo, le luci disegnano le stagioni, la musica di Mozart rimanda alla genialità della giovinezza.
Appassionate di sport, tifose della squadra del cuore, alcune innamorate del campione, altre innamorate del calcio, altre affamate di indipendenza, qualcuna in cerca della famiglia che non ha, qualcuna in cerca di amicizia, altre d’amore, qualcuna in cerca di riconoscimento pubblico della propria esistenza in quanto persona, femmina calciatrice. Con la fiducia di chi sente naturale l’uguaglianza fra i sessi, si immergono nell’avventura collettiva di fondare una squadra. Con la determinazione di chi vuole vincere, chiedono, anche se donne, di essere considerate formalmente alla pari con gli altri sport e le altre squadre.
All’inizio quasi non si accorgono di sfidare le convenzioni, le famiglie, le istituzioni, il regime e le ragazze, adolescenti o poco più, si lanciano nell’impresa, mosse da forze convergenti eppure contrastanti: la forza del sogno che alimenta la passione, l’energia fisica che trova la propria espressione gioiosa, l’orgoglio della ribellione, che le rende coraggiose, l’epica fascista dello sport per tutti, che le incita a osare, anche se femmine, e l’ingenua convinzione del fatto che avere in mano i meccanismi della moderna comunicazione (moderna per l’epoca) e della burocrazia, possa portarle alla meta.
Sono il simbolo dei loro giorni: ci sono ragazze che vengono da famiglie rigidamente fasciste, altre sono state cresciute nella libertà di pensiero, altre non si pongono il problema, in un 1932 che vede Hitler andare spedito verso il potere e Mussolini sostenere politiche di “bonifica della razza umana” e pochi, attorno a loro, sembrano farci caso. La loro è una vicenda entusiasmante: otto mesi di fatica, risate e felicità.
E’ una storia che racconta come il fanatismo, l’ignoranza, la prepotenza, coalizzandosi con l’ambizione, l’avidità e la sete di potere, possano portare persone insospettabili a collaborare, sostenere, fino a rendersi poi, progressivamente, complici di sopraffazione, follia criminale, sadismo, guerra, in un crescendo che porterà fino all’Olocausto.
E’ una storia che mette in evidenza come le donne siano volano di propaganda, diffusione e immagine per le dittature di ogni forma.
Quel gruppo di ragazzine, entrate con determinazione nel vortice del gioco collettivo, del divertimento e dell’energia di squadra, percorreranno, se pur a diverse velocità, la strada verso una diversa consapevolezza del loro ruolo e del loro tempo. Fra loro ci sarà chi continuerà a ottenere successi nello sport, chi lavorerà nelle segreterie sportive, chi abbandonerà, scegliendo di assecondare le richieste delle famiglie e dei tempi, e chi, come le sorelle Boccalini, continuerà a lottare per la libertà. Giovanna Boccalini, in particolare, sarà la cofondatrice della rivista clandestina “Noi donne”.
Le donne, poi, dovremo aspettare il 1946, dopo la caduta del regime, alla fine della seconda guerra mondiale, perché a Trieste, alcune ragazze ricomincino a giocare.
Mentre in altri Paesi del mondo il calcio femminile è uno sport praticato e seguito come e più di altri, in Italia, a novant’anni dall’impresa delle Giovinette ancora è circondato da pregiudizi e ignoranza.
Lo spettacolo è dedicato a chi cerca di accorciare i tempi dell’emancipazione delle donne nel gioco del calcio e si adopera per rimuovere gli ostacoli. Per le donne, c’è ancora molto da conquistare e ancora molto da lavorare, per non perdere ciò che si è conquistato nel tempo…
La storia, raccontata con ironia e leggerezza, sfida pregiudizi e stereotipi arrivati fino ai giorni nostri e che, oggi, iniziano, finalmente, a dissolversi. All’epoca il gruppo di calciatrici sfidò addirittura il Duce e nacque il GFC (Gruppo Femminile Calcistico), la prima squadra di calcio femminile italiana che in breve raccolse intorno a sé decine di atlete.
Gli organi federali in principio assecondarono l’iniziativa, consentendo loro di allenarsi, ma non di giocare in pubblico. Inoltre, dovevano usare un pallone di gomma e non di cuoio, indossare la gonna non i pantaloncini, passare la palla solo rasoterra e in porta dovevano far giocare dei ragazzini adolescenti. Tutto questo per preservare le loro “capacità riproduttive”.
Nonostante ciò, la loro avventura sportiva riuscì caparbiamente a resistere per quasi un anno, quando, proprio alla vigilia della loro prima partita ufficiale, il regime le costrinse a smettere di giocare.
La loro fu una sfida al loro tempo, al regime, alla mentalità dominante che vedeva nel calcio lo sport emblema della virilità fascista.
La loro epopea è raccontata con ironia e leggerezza da un trio di attrici che, mischiando comicità e narrazione, ci mostra come, pur a distanza di tanti anni e di tante battaglie, certi pregiudizi siano duri a morire e come la lotta per la libertà e i propri diritti passi anche attraverso lo Sport.
Collaborazione artistica: Marco Rampoldi, Adattamento drammaturgico di Domenico Ferrari, con la collaborazione di Laura Curino, Rita Pelusio. Scene e scelte musicali Lucio Diana. Realizzazione costumi e assistente alla regia Francesca Biffi. Datore luci Valentino Ferro. Fotografie Laila Pozzo. Co-produzione PEM Habitat Teatrali, Rara Produzione, con il sostegno di Fondazione Memoria della Deportazione e della Sezione A.N.P.I. Audrey Hepburn.
Dopo ogni spettacolo Giovinette, le Calciatrici che sfidarono il Duce, in scena, in prima nazionale, dal 22 al 27 novembre 2022 al Teatro della Cooperativa di Milano, avremo il piacere di ospitare i seguenti incontri:
22 nov: incontro con gli autori del romanzo, Federica Seneghini e Marco Giani
23 nov: incontro con Ass. calcistica Ardita Giambellino
24 nov: incontro con St. Ambroeus FC + Fondazione Memoria della deportazione
25 nov: incontro con Giorgio Terruzzi
26 nov: incontro con Joanna Borella, Stefania Carini ed Elena Tagliabue
27 nov: incontro con Sezione A.N.P.I. Audrey Hepburn
*Federica Seneghini, giornalista del Corriere della Sera, e Marco Giani, storico, insegnante e membro della Società italiana di Storia dello Sport. Autori dell’omonimo libro Giovinette, le calciatrici che sfidarono il Duce (2020)
*Ardita Giambellino: Nata tra le brume della periferia sud di Milano nell’autunno 2014. Oltre che una squadra di calcio, l’Ardita è una collettività che prova a superare quella serie di dinamiche non inclusive, commerciali e, spesso, divisive che animano il calcio moderno, con la speranza che l’aggregazione dal basso possa essere la base per qualcosa di più grande e con la convinzione che l’entusiasmo nei confronti di un progetto aperto e partecipato e il linguaggio universale del calcio siano degli strumenti potenti per aggregare chiunque lo desideri, senza che sussistano distinzioni di genere, estrazione o provenienza. Ci sono due formazioni, maschile e femminile, ma il gruppo è unico e chiunque è il benvenuto.
*St Ambroeus: la prima squadra di rifugiati a esordire in FIGC a Milano. La femminile del St. Ambroeus FC è l’ultima creatura dell’associazione nata nel 2018. Una ASD nata con l’obiettivo di includere persone migranti nel tessuto milanese e offrire uno spazio dove poter praticare il calcio abbattendo le barriere economiche, linguistiche e sociali per persone marginalizzate
*Fondazione Memoria della deportazione: nasce il 2 giugno 1999, su proposta di Gianfranco Maris Presidente della Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti (Aned), come Centro studi e documentazione sulla Deportazione nei lager nazisti, inizialmente con sede legale a Milano in via Bagutta 12. L’atto costitutivo ne chiarisce e illustra le finalità nella «promozione degli studi» e nella «raccolta di documenti sulla deportazione nazifascista, affinché resti operante nel tempo la memoria storica e l’insegnamento della vicenda concentrazionaria», e con lo scopo di «favorire la maturazione civile delle nuove generazioni», facendo in modo che comprendano a fondo le «azioni in cui si concretizzò l’oppressione nazifascista».
*Giorgio Luca Maria Terruzzi: è un giornalista, scrittore e accademico italiano, collaboratore di diverse testate tra le quali il Corriere della Sera e Scarp de’ tenis, autore di testi per il teatro e il cinema, e consigliere dell’A.S. Rugby Milano. Collabora ai testi di Claudio Bisio e di Diego Abatantuono. Ha scritto testi per teatro (Tersa Repubblica con Rocco Tanica e Claudio Bisio; I bambini sono di sinistra con Michele Serra e Claudio Bisio), per pubblicità e per il cinema la sceneggiatura di Asini. Fino al 2012 è stato vice-direttore della testata Sport Mediaset, oltre che responsabile della rubrica “Motori”. Da allora collabora come inviato ed editorialista. Per Sport Mediaset ha realizzato alcuni documentari a tema sportivo. Ha mosso i suoi primi passi nel giornalismo, gestendo un’agenzia giornalistica, insieme a Beppe Viola, e ha collaborato con numerosi quotidiani e mensili (Corriere della Sera, GQ, Icon, Panorama, Autosprint, Ruoteclassiche) con i quali lavora stabilmente.
*Stefania Carini: giornalista e critica televisiva, si occupa da anni di media, cultura e brand. Collabora con testate come “Il Post”, il “Corriere della Sera”, “la Repubblica”. È autrice di documentari e speciali per la
televisione. Nel 2021 ha lanciato il progetto “Effetti Personali”, storie di cose e persone nel quartiere NoLo di Milano durante la pandemia, che ha ispirato questo libro.
Joanna Borella: meglio nota come Mister Jo (scrive nel 2022 ‘Le ragazze di Mister Jo’), lavora come allenatrice di calcio a Milano. È stata la prima bambina di origini indiane a essere adottata in Italia, aprendo il canale delle adozioni internazionali nel nostro Paese a metà degli anni Sessanta. Educatrice sportiva, fondatrice e Presidente dell’associazione di calcio femminile A.S.D. Bimbe nel Pallone dal 2015.
Elena Tagliabue: Direttrice della Prosesto, fondatrice ed ex Presidente dell’ASD Femminile Inter Milano
La Sezione ANPI, dedicata all’attrice Audrey HEPBURN, veniva accolta con queste parole da Carlo Smuraglia, ex Presidente Nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia: “Mi piace moltissimo, è una bellissima novità. È segno di creatività e fantasia. E fantasia, non a caso, è un nome al femminile”. Già, perché diversi sono gli elementi di novità di “Audrey ANPI”, un nucleo fondante di sole donne, per cominciare… e le donne, continuano a lottare.