Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina di Diritti Umani, in occasione della Giornata internazionale della felicità (20 marzo), istituita dalle Nazioni Unite con risoluzione A/RES/66/281 del 28 giugno 2012, intende proporre una riflessione su una condizione spirituale, un anelito, la felicità appunto, cui aspirano tutti e soprattutto i più giovani.
Gli adolescenti per la delicatezza della propria fascia d’età sono più esposti alla precarietà e concitazione dell’attuale situazione mondiale. È difficile parlare di felicità o diritto alla felicità, che, peraltro, viene esplicitamente citato nella Dichiarazione d’indipendenza americana (1776) come un elemento imprescindibile o dell’esistenza, in un contesto storico caratterizzato da eventi incontrollabili, la cui portata potenzialmente potrebbe risultare catastrofica. Eppure proprio in una realtà del genere non si può trascurare il concetto di felicità e occorre ragionare più che mai su quei valori, quegli aspetti, realmente importanti, che possono renderci felici.
Se il concetto di felicità può tendenzialmente variare da persona a persona, di sicuro l’infelicità è facilmente assimilabile ai grandi mali che affliggono l’umanità: guerra, povertà, sottosviluppo, malattie, ignoranza.
Sono questi i grandi nemici dell’umanità; sono questi i grandi nemici della felicità.
Robert Kennedy in un memorabile discorso del 18 Marzo del 1968, tenuto nell’università del Kansas, negli Stati Unit, sottolineava come non potesse essere il PIL di ciascun paese a determinarne l’azione politica o a rappresentarne autenticamente il livello di benessere e quindi di felicità raggiunto (https://www.youtube.com/watch?v=grJNlxQsqtE). Infatti non dovrebbe essere esclusivamente il profitto a orientare le scelte politiche degli Stati; soprattutto quando la vita di migliaia di persone può essere spazzata via o rovinata per sempre senza possibilità d’appello. La pace effettivamente è il collante della felicità; il tessuto connettivo della vita stessa.