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Gianluca Brambilla l’imprenditore lombardo che ha fondato il Movimento non garantiti

Abbiamo raggiunto telefonicamente Gianluca Brambilla reduce da intervista per Restart in Rai. Ormai da tempo l’imprenditore brianzolo è diventato portavoce, quasi politico, di tutta quella massa di piccoli imprenditori lombardi che portano le stigmate della tassazione nazionale e che, pur facendo bene il proprio lavoro, non riescono ad avere respiro a causa di una pressione fiscale resa insopportabile dal peso di un’Italia che è sempre meno performante a livello internazionale.

Ecco perchè il Movimento non garantiti,  neonata associazione che sta prendendo avvio in queste settimane, grazie alla road map capeggiata dal Brambilla, avoca a sé l’impegno verso tutti quei piccoli imprenditori, commercianti e artigiani che hanno un rapporto conflittuale con una pubblica amministrazione che non sta al loro fianco anzi si pone in rapporto contrario con coloro che fanno impresa, restando, dice il Brambilla “ inerme per mantenere uno status quo che garantisca ai dipendenti pubblici – chiamati “ipergarantiti” la zona di comfort nella quale permangono fino alla pensione. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che se il rapporto impresa-stato in Italia è conflittuale e non collaborativo,  le piccole imprese sono bloccate in una non crescita deleteria per loro stesse e per l’intero tessuto sociale ed economico del nostro Paese!

Quali sono dunque i settori in Italia che potrebbero fare impresa, al netto di questa situazione distopica? Il Brambilla risponde: “In Italia i settori moda e arredo sono due eccellenze nel mondo che però, stranamente, vengono poco studiate, e nemmeno sono prese a modello né considerate nella giusta misura. La chiave sarebbe quella di utilizzare il made in Italy come capacità di fatturare non esclusivamente sotto forma di prodotto, ma di concetto. Quindi basta con la retorica politica del “made in Italy”, ciò è diventato stucchevole e ha ormai poco senso. Bisogna pensare al made in Italy come strumento, esso stesso, da esportare. Il mio consiglio è che tutte le piccole imprese italiane dovrebbero studiare e prendere a modello i meccanismi che animano il comparto moda  e arredo nazionali, per applicarli nelle proprie aree di business e di competenza.

In sostanza prendere il nostro knowledge e, sfruttando le capacità e la creatività italiana, produrre beni che rispondano a tutte le richieste di qualsiasi mercato, senza puzza sotto al naso; aprire i confini dell’export significa adattare il nostro sapere ai pubblici di riferimento, questa è la chiave per avere successo senza perdere in identità e qualità distintiva”.

Cambiare la catena di valore, insomma, per internazionalizzare esportando un prodotto di qualità, come solo un italiano potrebbe farlo, ma cedendo ai compromessi che il mercato di riferimento chiede…

Il prossimo appuntamento con il Movimento non garantiti sarà in Veneto, per informazioni e approfondimenti vi è a disposizione una piattaforma esaustiva.

Luisa Cozzi

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