Mentre per gli istituti tradizionali calano personale e sportelli, nel 2021 le challenger bank europee hanno raccolto il doppio che nel 2020, a 3,5 miliardi. E le assunzioni aumentano. L’analisi di Mediobanca | Rivoluzione fintech, tre italiani su dieci pagano solo in contanti | La corsa del fintech rischia di finire
Ci sono due trend di fondo nel sistema creditizio europeo. Da un lato i canali distributivi tradizionali sono in declino: tra il 2010 e il 2020 si sono ridotti il personale bancario (-34,4% in Spagna, -26,4% nel Regno Unito, -14,8% in Italia e -13,9% in Germania) e ancor più gli sportelli (-48,3% nel Regno Unito, -48,1% in Spagna, -36,8% in Germania e -30,1% in Italia). Dall’altro lato il mondo della finanza digitale e, in particolare, quello delle challenger bank sta accelerando: nell’ambito delle campagne di fundraising lanciate nel 2021 sono stati complessivamente raccolti 3,5 miliardi di euro (+129,5% sul 2020). Due tendenze contrastanti fotografate dall’area studi di Mediobanca in un report dedicato proprio agli istituti di nuova generazione.
Il cambio radicale
Nell’ultimo decennio, spiega piazzetta Cuccia, il settore bancario europeo ha vissuto un calo strutturale dei ricavi e dei margini, dipeso dall’appiattimento dei tassi e dagli effetti delle nuove regolamentazioni, poi aggravato dalla pandemia e dall’attuale scenario geopolitico. Spicca la contrapposizione tra il Nord Europa, dove sussiste una bassa densità di filiali in rapporto alla popolazione, e il blocco mediterraneo, con incidenze superiori alla media europea (39 sportelli ogni 100 mila adulti) per Francia (61 sportelli), Spagna (57) e Italia (47). I Paesi del Nord Europa guidano la classifica degli adulti fruitori di servizi bancari online con punte, a fine 2021, superiori al 90% in Norvegia, Danimarca e Finlandia e dell’86% nel Regno Unito; l’Italia si posiziona nelle retrovie con il 45%, al di sotto della media europea (58%). Tale dinamica ha subìto un’accelerazione durante il periodo pandemico ed è il risultato dell’evoluzione dei gusti della clientela, sempre meno fidelizzata e più indirizzata verso la multicanalità (filiale, web, mobile e telefono).
La mappa delle challenger bank
In Europa sono state identificate 96 challenger bank: 63 detengono una licenza bancaria completa, 20 agiscono in qualità di agenti di operatori terzi, sei sono in possesso di licenza di Imel o di Istituto di Pagamento e le restanti sette hanno una licenza bancaria con restrizione o sono in fase di Application, hanno cioè avviato la procedura con un’operatività ad oggi limitata. L’Italia con le sue 12 challenger bank è il paese più rappresentato dopo il Regno Unito (37) insieme alla Francia (12); seguono Germania (8) e Spagna (7). Gli operatori italiani appaiono tuttavia di dimensioni minori e presentano valori inferiori alla media per ricavi e totale attivo. Circa il 65% delle società europee analizzate è stato costituito dopo il 2013. Il triennio 2014- 2016 è stato il più fecondo, con l’avvio di 26 società. Solo nove sono quotate in Borsa: sei inglesi, una italiana ( Illimity Bank), una estone e una norvegese (Aprila Bank) trattata in un mercato non regolamentato (Euronext Notc). Altre tre società sono state delistate, oggetto di acquisizione da parte di incumbent o fondi d’investimento.
I numeri
Nel 2020 i ricavi delle challenger banks europee sono aumentati del 3,9% sul 2019, mentre il risultato netto aggregato è peggiorato del 12,7%, in linea con le performance delle banche dell’Eurosistema. Con un valore già negativo nel 2019 (-5,1%), il roe complessivo è sceso di 0,4 punti percentuali collocandosi al -5,5% nel 2020. Sono invece cresciuti i totali attivi (+11,4%) e i crediti verso clienti (+4,9%). I ricavi delle traditional (challenger banks costituite prima del 2010) sono risultati in contrazione (-7,1%), risentendo degli effetti delle misure di contenimento sanitario. Inclusi in questo cluster vi sono infatti alcuni player che affiancano all’operatività online anche una snella presenza fisica. Al contrario, la diffusione della pandemia ha giovato alle challenger banks prettamente digitali, ovvero le subsidiaries (enti giuridici che gestiscono le iniziative online di grandi gruppi) e le neobanks (costituite dopo il 2010), con crescite dei ricavi nell’ordine del +19,9% per le prime e del +24,8% per le seconde. Le neobanks hanno una redditività ancora negativa, (Roe al -13,9%, +0,1 punti percentiali sul 2019). Per esse, il raggiungimento del breakeven è legato all’incremento della customer base e del ventaglio di servizi offerti (che dipende dall’ottenimento della licenza bancaria piena), con lo sviluppo dimensionale che può fungere da game changer. Quanto alle dinamiche più recenti, a fine giugno 2022 solo 34 operatori avevano già pubblicato i bilanci 2021. Si evidenzia un generale incremento dei ricavi, ma tra le neobanks sono ancora numerosi gli operatori con risultati netti negativi.
Le realtà italiane
Le challenger bank italiane hanno brillantemente superato il primo anno pandemico con crescite a doppia cifra sia del margine di intermediazione (+42,2% sul 2019) che del risultato operativo (>100%), mentre il contenimento delle perdite su crediti (passate da -31,3 milioni del 2019 ai -10,3 milioni del 2020) ha contribuito al miglioramento del risultato netto. Nel 2021 le maggiori rettifiche dei crediti hanno frenato la buona dinamica – che permane comunque positiva – a livello di margine di intermediazione (+22,8% sul 2020) e risultato operativo (+75,2%), con il risultato netto che è migliorato del +63,1%. Anche il Roe è cresciuto di quasi +4 punti percentuali, portandosi al 9,4% nel 2021. Ugualmente positive nel 2020 le performance dello stato patrimoniale, con la crescita dei crediti verso i clienti (+38,8% sul 2019) e del totale attivo aggregato (+35%) che ha parzialmente perso slancio nel 2021, pur mantenendosi a doppia cifra (+42,4% i crediti verso i clienti e +18,2% il totale attivo sul 2020). In aumento anche la forza lavoro: +18% nel 2020 sul 2019 e +5,7% nel 2021 sul 2020.
fonte milanofinanza.it