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Fino al 7 febbraio 2021 negli suggestivi spazi dell’Appartamento della Rustica del palazzo mantovano, un omaggio a Umberto Mariani (Milano, 1936)

Il titolo della mostra dedicata a Umberto Mariani al Palazzo Ducale a Mantova, dal 24 ottobre 2020 al 7 febbraio 2021, appare un dichiarato omaggio al saggio del filosofo francese Gilles Deleuze (1925-1995): un testo del 1990 – “La piega. Leibniz e il barocco”- che, partendo dalle teorie del filosofo tedesco ed esplorando i più diversi aspetti della cultura barocca, cerca di definire, attraverso la metafora della piega, il costituirsi dell’anima e dell’esperienza moderna.

Proprio la “metafora” della piega è in effetti il nodo centrale dell’arte di Mariani, ripercorsa a cura di Giovanni Granzotto nelle sale dell’Appartamento della Rustica attraverso una quarantina dei suoi più significativi lavori: dalle prime opere Pop per risalire, attraverso “Alfabeto afono”, “Teorema” e “Relitti di scena” degli anni sessanta, settanta e ottanta, ai “Piombi” degli anni 2000, in cui le forme celate diventano il tema dominante della ricerca di Mariani.

”Il mio panneggio, le mie pieghe – come egli stesso puntualizza – non hanno nulla di veristico e nemmeno di realistico ma semmai si avvalgono di forme e significati simbolici

Sotto gli occhi dei visitatori si dipana il confronto incessante e mai concluso fra il grande tema della piega, dei panneggi, e quello della forma che si (s)vela, che dall’antichità giunge fino all’epoca del Barocco passando per le stagioni bizantine.

La mostra di Palazzo Ducale vuole essere proprio un omaggio alle tante declinazioni di questa ricerca, attraverso la simbologia ma anche la concretezza della piega, nella sua della plasticità e levità, intesa come un ideale – ma anche realissimo – ponte fra la cultura formale classica, barocca e quella attuale.

“E qui – scrive Giovanni Granzotto nel catalogo della mostra Il Cigno GG Edizioni, Roma – si consuma la metafora della piega che, anche se sempre esistita nell’arte, nell’epoca classica, greca e romana, in quella bizantina, nel Rinascimento, raggiunge però nel Barocco il proprio trionfo funzionale… La ricerca di Umberto Mariani sembra davvero correre in parallelo alle epoche della storia: fin dagli inizi, dalle geniali prove di ispirazione pop-surrealista, le pieghe dei cuscini, delle poltrone, perfino i ripiegamenti, le increspature degli stivali lo hanno sempre affascinato, per quella componente di mistero, di allusione, di energia celata, pronta a esplodere, che sembravano racchiudere. Ma anche nei cicli successivi, negli Alfabeto afono, nei Teorema, nei Relitti di scena, la piega risulta importante, però in termini di funzionalità, di strumento per raggiungere un risultato espressivo. La piega era una parte, pur decisiva, del tutto. Poi con la Forma celata, negli ultimi anni del secolo scorso, e negli anni 2000, la piega diventa il tutto, diventa la ragione del quadro, una sorta di Mondo che possiede una sua valenza metafisica di collante formale e di tessuto che avvolge e custodisce l’idea, di ordito che la lega e la preserva.(…)
“(…) Per lui questo è il Mondo, senza più distinzioni fra Classico e Barocco”.

Umberto Mariani
Dimitri Ozerkov – Direttore del Dipartimento dell’Arte Contemporanea dell’Ermitage
Umberto Mariani (nato nel 1936) appartiene a quella rosa di artisti il cui nome è ben noto nei circoli artistici europei da tanto tempo. La sua formazione si sviluppa a Milano alla Pinacoteca di Brera. La crescita arriva veloce: nel 1943 – 1944 suo padre partecipa al movimento antifascista capeggiato da Fernanda Wittgens, primo direttore donna della Pinacoteca di Brera. La loro casa serve da rifugio a gruppi di ebrei perseguitati dai fascisti. Dopo la guerra si iscrive al Liceo Artistico di Brera e dal 1954 al 1958 frequenta le lezioni del neoclassicista Achille Funi (1890 – 1972) con il quale collabora alla realizzazione di affreschi monumentali. Da Funi prende l’amore per l’arte classica, quella di de Chirico, e l’attenzione ai dettagli nelle opere d’arte. Viene premiato come migliore allievo dell’Accademia con un viaggio all’Esposizione Universale di Bruxelles, il primo dei suoi numerosi viaggi.

Nel 1963 va in Finlandia per scoprire l’architettura di Alvar Aalto (grazie a questo viaggio visita anche l’Ermitage). I paesaggi finlandesi diventano il soggetto della sua prima mostra personale nel 1965 a Milano nella Galleria 32. Alla fine degli anni Sessanta gradualmente si allontana dal figurativismo puro e rivolge l’attenzione alla Pop Art italiana: leggero, sicuro di sé, focalizzato sull’immagine della donna emancipata che fa parte della moda di quel tempo. Milano diventa la capitale europea della moda e del design. Nel maggio 1968 partecipa a Parigi al rinomato movimento degli studenti, creando delle opere raffiguranti le forze di polizia.

Negli anni Settanta i lavori di Mariani raggiungono la massima notorietà: vengono esposti nel Museo d’Arte Moderna di Parigi, nei Musei Reali delle Belle Arti di Bruxelles e in altre gallerie d’Europa. Nel 1974 crea i primi quadri della serie Alfabeto afono, nei quali si focalizza su linee che formano lettere, trovando le loro forze e le loro tensioni interne. Le lettere sono nascoste dai tessuti e lì rimangono eloquentemente mute essendo presenti solo dal punto di vista visivo. La serie ha avuto un grande successo segnando l’inizio dell’interesse da parte dell’artista verso il tessuto, con la sua struttura e le sue pieghe, che lo occuperanno così fortemente nei successivi anni: «dipingo quadri per trovare la tranquillità, per vivere un’altra vita. L’arte per me è una specie di psicoterapia» scrive nel 1975.

Negli anni Ottanta crea tante nuove serie tra cui Teorema e Specchi, ancora una volta ottenendo il successo della critica. Negli anni Novanta si interessa al ferro e al piombo, creando complesse installazioni spaziali. Nel 1992 due opere sono esposte in due mostre collettive: alla prestigiosa fiera Art Basel e al Museo d’Arte Moderna (MOMA) di New York. Negli anni successivi Mariani viaggia in Africa, per studiare la pittura rupestre e lavora attivamente su soggetti africani, esponendo insieme ad artisti del luogo.

Tornando ripetutamente all’arte antica, soprattutto a quella greca, romana e bizantina appresa all’Accademia di Brera, Mariani nota come nel corso degli ultimi anni le immagini antiche abbiano un impatto crescente sulla sua ricerca artistica. Studia scrupolosamente le pieghe del marmo delle sculture greche e i toni profondi degli smalti dei mosaici bizantini. Queste immagini museali gli permettono di sviluppare alla perfezione negli ultimi vent’anni la sua peculiare e facilmente riconoscibile scrittura. Le sue opere degli anni duemila sono simili a oggetti tridimensionali, dove il ruolo principale è interpretato dalle pieghe di un tessuto sconosciuto. Leggero e semplice o pesante e nobile, questo tessuto si perde tra i meandri delle pieghe. Le pieghe non calano, ma come tese dall’interno, creano la complessa struttura e impongono un ritmo a tutto il lavoro. Il ritmo è forma e contenuto allo stesso momento, creando secondo l’artista: «una speciale logica geometrica». Il panneggio come un punto focale cattura l’attenzione sul tessuto sacro nella storia, su un certo motivo in cui si ritrova l’essenza dell’Universo. Come la porpora conservata nella chiesa di Blacherne che, secondo la leggenda, calmava le onde immersa nel mare o il pesante sipario del Tempio di Gerusalemme che nasconde sancta sanctorum e che improvvisamente si disfa in mille pezzi nel momento in cui Cristo è morto sulla croce, oppure come la Sindone di Torino che custodisce l’immagine meravigliosa del Cristo, o il velo della Veronica nel quale è impressa la vera immagine del Cristo, una vera icona, o, infine, il leggendario sipario dell’opera La vittoria sul Sole che ha dato alla luce l’immagine del Quadrato nero.

Il panneggio di Mariani avvolge un quadro, lo protegge, lo sostituisce. Diventa un’essenza misteriosa delle cose – come una superficie liscia dell’Oceano o la coltre di nubi sopra la Terra vista dall’aereo o dalla cima della montagna dove il velo di neve occupa tutto l’intorno (particolarmente importante per Mariani che era un alpinista). Il panneggio realizzato dal Maestro vibra creando una foschia ipnotica. Nel febbraio 2017 l’artista scrive un breve manifesto “Sacralità e Spiritualità nell’Arte” in cui specifica che: «la spiritualità europea ha trovato la sua espressione più alta nei mosaici bizantini e ad artisti come Kandinsky, Malevič e Chagall è rimasto solo di confermarlo». A termine del testo riprende il concetto di drappeggio ispirato dall’arte bizantina, dove il tessuto nasconde la maggior parte del corpi, il maestro rappresenta una serie di linee geometriche che acquistano un valore simbolico. «Il panneggio stilizzato è protagonista assoluto degli spazi che io creo» conclude l’artista.
La mostra all’Ermitage, la prima mostra personale dell’artista in Russia, permette di ammirare i suoi lavori degli ultimi anni nel contesto della spiritualità russa. Le icone russe e gli affreschi sono stati scrupolosamente studiati dagli artisti del Modernismo russo ed europeo, influenzando sia i colori di Matisse che gli spazi di Kandinsky. Mariani fa parte di questa tradizione con le sue riflessioni sul “visibile” e sul “nascosto” e con la sua idea di bellezza nell’arte.

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