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Epatite C, in Lombardia sono 100.000 le persone contagiate

A Milano la seconda tappa del progetto Hand. Ha aderito al test il 22,3%
Milano ha ospitato la seconda tappa della quinta edizione di ‘Hand’ (Hepatitis in Addiction Network Delivery), il progetto promosso dal provider Letscom E3, con il contributo non condizionante di AbbVie, nato con l’obiettivo di anticipare la fase di screening dell’epatite C (Hcv) nella popolazione Pwid (People Who Inject Drugs) e in tutta l’utenza a rischio afferente ai Ser.D. Per la sua rilevanza a livello nazionale, anche quest’anno ‘Hand’ ha ricevuto il patrocinio delle quattro società scientifiche SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD.
Il corso di formazione ECM dal titolo ‘Point of care Hcv: stato dell’arte in Regione Lombardia e possibili sviluppi‘ si è tenuto presso la sala Mascagni dell’Andreola Central Hotel del capoluogo lombardo.
Si stima che in Lombardia siano 100.000 le persone contagiate da epatite C cronica, principale causa di cirrosi e cancro del fegato in Italia. La Regione offre a tutti i nati tra il 1969 e il 1989 la possibilità di aderire gratuitamente al Programma di screening per l’eliminazione del virus dell’Epatite C.
Lo screening Hcv nelle popolazioni speciali e i dati in Regione Lombardia, al centro dell’intervento del dottor Danilo Cereda, Direttore U.O. Prevenzione, DG Welfare, Regione Lombardia. ‘Al 31 maggio- ha detto- sono state invitate in punti prelievo e nelle Sdo 570.257 persone su 2.976.684 che rappresentano l’intera popolazione. Le persone che hanno accettato di sottoporsi al test sono state 156.812, di cui 130.260 all’interno di strutture pubbliche. L’estensione regionale è stata pari al 19,2%, mentre l’adesione regionale è stata del 22,3%’.
‘In un anno di lavoro- ha proseguito- è dunque stato possibile intercettare un quinto della popolazione e so che aderirà un altro quinto. Sono invece stati 171.402 i test totali erogati, con 1001 persone positive al I livello, ovvero quelle positive alla ricerca dell’anticorpo, mentre sono stati 250 i positivi al II livello, ovvero i positivi all’Rna’.
Danilo Cereda ha poi fornito un altro numero, 114, dato relativo a quanti tra i 250 hanno accettato di sottoporsi alla terapia. ‘Sono pochi, lo so- ha commentato- ma l’aggiornamento del dato non è il primo pensiero dei clinici, più attenti alla cura del paziente. Questi 114, dunque, si riferiscono a un dato in itinere. E dunque, su 156.812 test sono stati trovati 250 persone con epatite C e quindi 250 potenziali guadagni di salute e di anni di vita proprio per loro’.
In Lombardia ci sono città che hanno aderito un po’ di più agli screening rispetto ad altre. ‘Molto bene Pavia, con il 27,80%, Bergamo, con il 27,60%, e Milano, che ha fatto registrare il 21,40%, un risultato più che ottimo vista la sua dimensione. Milano- ha inoltre affermato- guida la classifica dei test eseguiti dalle Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST): il capoluogo lombardo ne conta infatti 34.926, poi Bergamo con 19.467 e Brescia con 18.693′.
‘Le persone positive all’anticorpo- ha poi spiegato Cereda- vengono inviate solo in alcuni centri di II livello, come ad esempio il Sacco. Mantova si è comportata molto bene e lo stesso ha fatto la ASST di Lecco’.
‘Tra i 250 positivi di II livello, abbiamo 175 persone che hanno accettato di fare la terapia e solo 7 quelle che, invece, hanno rifiutato. I 68 che mancano sono persone delle quali non sappiamo ancora il dato. Con il tempo- ha chiosato- avremo la possibilità di vedere meglio tale percorso. Di quei 175, poi, sono 114 le persone che hanno iniziato la terapia, una sola ha rifiutato e 60 devono ancora dare una risposta. Tutto questo dimostra che il sistema funziona bene e che una volta che intercetta il paziente riesce a portarlo alla cura’.
Risultati preliminari anche nell’ambito dei Ser.D. e delle carceri. ‘Spicca il Fatebenefratelli Sacco– ha reso noto il Direttore U.O. Prevenzione, DG Welfare, Regione Lombardia- che ha effettuato 720 test di I livello, poi la ASST di Pavia, con 645, e la ASST di Mantova, con 525. Bene anche la ASST Papa Giovanni XXIII, con 422, e la ASST di Vimercate, con 395. Il numero di positivi al I livello per ogni Ser.D., laddove non appare lo zero, è sempre superiore al 10%’.
Dei PDTA per la diagnosi e il trattamento dell’infezione da Hcv nelle carceri e nei Ser.D. in Regione Lombardia ha invece parlato il dottor Marco Riglietta, Direttore Medico S.C. Dipendenze, ASST Papa Giovanni XXIII. Interpellato dall’agenzia Dire su come siano organizzati i Ser.D. lombardi per lo screening da Hcv, il dottor Riglietta ha risposto che ‘i Ser.D. Lombardi hanno sempre svolto attività di screening, sia su Hcv che sulle infezioni sessualmente trasmesse, quindi Hiv, epatiti B, epatiti A ed altre. E lo hanno fatto da sempre e nella maggior parte dei casi, con i prelievi all’interno dei servizi. Adesso, con il finanziamento previsto dal Decreto attuativo, avremo anche una serie di test rapidi da utilizzare sulle persone che difficilmente si raggiungono, perchè gli appuntamenti dati per i prelievi vengono saltati. E quindi test rapidi fingerstick e salivari sia per la ricerca di anticorpi che per la quantificazione dell’Rna, proprio per i pazienti che in assoluto hanno una altissima prevalenza di infezioni, ovvero i consumatori per via endovenosa’.
‘Il protocollo che abbiamo elaborato lo scorso anno- ha inoltre ricordato il dottor Riglietta– prevede due livelli, sostanzialmente a seconda delle dimensioni del servizio e della realtà epidemiologica, diversa tra un’area metropolitana e, per esempio, l’area delle montagne o della bassa pianura lombarda. E questo permette di sviluppare azioni che sono in sinergia, portando dallo screening al linkage to care, quindi al trattamento della patologia da Hcv che, come sappiamo, è risolutiva da un punto di vista delle terapie che abbiamo a disposizione’.
‘Si tratta di farmaci molto maneggevoli- è intervenuto il Dirigente Medico, Ser.D. Vizzolo Predabissi, ASST Melegnano e Martesana, il dottor Alberto Chiesa– una terapia di breve durata. Basti pensare che due-tre mesi di terapia sono sufficienti a eradicare il virus in oltre il 99% dei pazienti. Un breve periodo di cura, tra l’altro, privo di effetti collaterali e che può dunque portare a un grande risultato. Bisogna solo considerare le eventuali interferenze farmacologiche con farmaci che il paziente prende già per la cura di malattie, come ad esempio farmaci neuropsichatrici, farmaci per l’area cardiovascolare o per la soppressione di abuso di sostanze’.
‘Il ministero della Salute ha tracciato linee guida terapeutiche- ha poi continuato Chiesa– e noi, insieme al dottor Riglietta, al dottor Ranieri, alla dottoressa Cocca e con i colleghi dei Ser.D. abbiamo creato il Pdta, il Percorso diagnostico terapeutico da attuare nelle popolazioni a rischio, con linee guida molto semplici, con step successivi dove ogni professionista si può ritrovare e trattare efficacemente il proprio paziente’.
‘Per quanto riguarda le popolazioni carcerarie e per i Ser.D.- ha aggiunto- la Regione Lombardia ha sviluppato strategie già nel percorso di realizzazione del Pdta. Il dottor Ranieri ha sterilizzato le carceri lombarde dal virus dell’epatite C grazie a un rapido e precoce intervento su tutta la popolazione carceraria, mentre recentemente è stato individuato un nutrito numero di servizi per le tossicodipendenze dove tutte queste attività possono essere fatte perchè è stata rilasciata una autorizzazione al trattamento da parte di Aifa’.
Nel corso dell’evento, ha trovato spazio anche un focus sulla realtà operativa dei Servizi per le Dipendenze Lombardi relativamente all’Hcv, con i risultati della Survey HAND. Il dottor Roberto Ranieri, Direttore Unità Dipartimentale Sanità Penitenziaria, ASST Santi Paolo e Carlo Milano, si è soffermato sulle azioni mancanti per attuare efficacemente lo screening nei Ser.D. lombardi. ‘Più che di azioni mancanti- ha tenuto a precisare l’esperto- si tratta di azioni che hanno già avuto una normativa o indirizzi da parte della Regione Lombardia, che devono ancora essere attuate completamente o che devono essere completate dal punto di vista organizzativo’.
‘In modo particolare- ha proseguito- intendo la presa in carico globale del paziente Hcv positivo, dal momento del counseling, della diagnosi e del follow up post terapia, il fatto di poter fare una diagnosi in sede anche con test rapidi. E in questo senso c’è lo sviluppo dell’Hcv-Rna attraverso le apparecchiature che verranno fornire con il finanziamento che deriva dal Decreto governativo per cui è appena terminata la gara. Si tratta, dunque, di una attività che non è ancora completamente in funzione’.
‘L’altro aspetto- ha poi informato- è quello della dispensazione del farmaco a livello del Ser.D. stesso, in modo che non ci siano dispersioni del paziente che debba recarsi in ospedale o nella farmacia ospedaliera, cosa che può provocare una perdita della persona durante il trattamento o il follow up. Un ulteriore aspetto riguarda anche la possibilità di gestire il farmaco direttamente a livello del Ser.D.’.
‘Dunque- ha denunciato il dottor Ranieri– quello che manca ancora è un aspetto culturale, che va dalla prescrizione del farmaco, per il quale recentemente è stato previsto che si possa prescrivere a livello del Ser.D, una cosa nuova rispetto alle altre Regioni, rispetto alla cultura precedente, fino alla dispensazione e al follow up post diagnosi’.
‘Perchè- ha concluso il Direttore Unità Dipartimentale Sanità Penitenziaria, ASST Santi Paolo e Carlo Milano- è molto importante che questo tipo di paziente si senta seguito completamente, in tutto il proprio percorso, anche per evitare le perdite durante la terapia, durante il follow up, abbastanza tipico di popolazioni che sono spesso fragili e non ben collegate con l’accesso alle cure sanitarie’.
Il progetto ‘Hand’, che nel corso dell’anno interesserà l’Italia da nord a sud, ha accompagnato anche un ‘iter istituzionale importante’, che ha consolidato il Fondo nazionale per lo screening gratuito e le delibere attuative regionali. Dopo Milano, il progetto ‘Hand’ si sposterà a Lecce il prossimo 22 giugno.
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