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Covid, Broccolo (Bicocca): curva non sta scendendo, con sottostima casi rischiamo

Quarta dose riduce risposta immunitaria, con la terza ci siamo giocati il jolly

“Si sostiene che la curva stia scendendo ma attenzione, perché non è così”. É questa la lettura dei dati che da Francesco Broccolo, virologo all’università Bicocca di Milano, all’agenzia Dire, e lo fa partendo da alcuni numeri: I casi positivi dai test antigenici mostrano un trend in aumento, dall’8% all’attuale 17%, mentre la percentuale dei positivi ai tamponi molecolari è in discesa e dal 28% del 3 gennaio ora è al 16%.
“Chi fa l’antigenico lo fa perché non serve più avere conferma della negativizzazione dal molecolare, ma resta il problema della bassa sensibilità di questo tipo di test- spiega il virologo- A breve si partirà poi con l’autotest in Emilia Romagna: fatto in casa, il test perde ancora più precisione per possibili errori anche di prelievo, quindi risulteranno molti falsi negativi, anche perchè il virus con la variante Omicron è maggiormente presente nella saliva anziché nella cavità oro-faringea. Inoltre, alcuni eviteranno di autodenunciarsi dal proprio medico di base, se con autotest. Per evitarlo- sostiene Broccolo- bisognerà premiare chi dichiara la sua positività, per esempio con un richiamo più in là nel tempo del richiamo, anche perché in Gran Bretagna, lo abbiamo visto, le somministrazioni più distanti nel tempo hanno garantito una migliore risposta immunitaria. Altrettanto hanno fatto con il booster. In Italia, notiamo, che con la terza dose gli anticorpi non salgono come dovrebbero, anzi conducono ad una ipoanergia, ovvero una scarsa reattività da parte dei linfociti B e T di memoria, che di conseguenza producono pochi anticorpi. Tanto che la quarta dose aumenta di sole 4 volte gli anticorpi, mentre la terza aumenta di 100 volte la riposta immunitaria, secondo i dati che vediamo da Israele- osserva il ricercatore. Per non parlare di eventuali effetti collaterali: maggiore è il titolo anticorpale e, probabilmente, è più alta la reattogenicità. La quarta dose quindi, discorso a parte per i fragili, non è mai stata fatta nella storia dei vaccini, quindi senza dati non è opportuno farla. E comunque fare la terza dose è come giocarsi il jolly, dopo questa somministrazione abbiamo finito le fiche”, mette in guardia Broccolo.
Per il virologo “il picco non è comunque ancora arrivato, mancano ancora sette-dieci giorni, ma il trend resta in aumento e non c’è una condizione di vera discesa della curva. Il molecolare rappresenta una minorità, un 20%, vi accedono persone con sintomi che vogliono essere sicuri di non avere il Covid, sono la fascia più prudente. Tutto il resto va sugli antigenici. Dobbiamo quindi aspettarci che ricoveri e intensive non procedano in discesa nei prossimi giorni, a meno che i nuovi casi non siano tutti Omicron che sappiamo produce meno ospedalizzazioni: il 55% in meno secondo uno studio canadese- osserva. Potrebbe quindi esserci impennata dei casi con un tasso di ospedalizzazioni non esponenziale”.
Al tempo stesso, però, commentando lo studio dell’Imperial College, Broccolo conferma che “trovando solo il 15-30% di positivi sui reali casi, rischiamo comunque di avere un’impennata di ospedalizzazioni: sui numeri assoluti di casi altissimi, si rischiano numeri pesanti nei ricoveri. In ogni caso serve essere prudenti e ribadire questa attenzione sulla discesa dei ricoveri, per diversi fattori: in primo luogo perché Delta non ha sostituito ancora Omicron o almeno non sappiamo quanto lo stia facendo; non sappiamo se Omicron ha o meno conseguenze nel lungo termine; e, infine, i dati non ci stanno dicendo che la curva sia in discesa. I modelli matematici ci dicono invece che il picco deve ancora arrivare e con un numero di infetti sottostimato, anche un 0,3% di ospedalizzazioni su tanti casi ci spinge a dire che dobbiamo ancora pazientare ed essere attenti perché i ricoveri potrebbero aumentare”.
É un quadro che richiede estrema prudenza, quello delineato da Broccolo, che cita anche uno studio del dipartimento di microbiologia dell’università di Cape Town, in Sudafrica, ancora in fase di pre-print e che attende di essere revisionato: “Con la variante Omicron troviamo il virus nella cavità oro-faringea nel 76% dei casi rispetto al 100% che invece riscontriamo nella saliva. Questo vuol dire, e lo riporta lo studio, che i test migliori sono eventualmente i molecolari salivari- sottolinea Broccolo- Se questi numeri si riveleranno attendibili, vuol dire che con i test attuali perdiamo il 25% dei positivi. Sommati agli errori sugli autotest, alla scarsa sensibilità degli antigenici nella misura di 1 o 2 casi su dieci, vuol dire che almeno 4-5 persone su 10 non vengono individuate come caso positivo”. Osservazioni che fanno il paio con lo studio inglese dell’Imperial College: casi che non troviamo e curva che non sappiamo, di conseguenza, se stia effettivamente decrescendo, anzi.
“Se il governo e le Regioni trovassero una mediazione per cambiare gli indicatori regionali? Sono favorevole alle modifiche basate sulle caratteristiche del virus che è mutato- rispondeBroccolo- ma va prestata ancora attenzione ai colori, va bene invece eliminare l’incidenza su 100mila abitanti perché con I numeri attuali saremmo presto in zona rossa, ma bisogna tenere sotto osservazione i posti letto di area medica, in terapia intensiva e ovviamente il numero dei decessi. Questi ultimi tre sono parametri importantissimi, perché noi abbiamo pochi posti nelle terapie intensive: dai 5000 del 2020 siamo arrivati 9700 posti attuali; noi dipendiamo da questo parametro. Ricordiamoci- rimarca Broccolo- che per i pochi posti che non c’erano nel 2020, abbiamo dato l’ossigeno alle persone che erano malate a casa e questo ha impedito di curarle adeguatamente, mandandole alla morte. É un errore che non dobbiamo ripetere, dobbiamo avere la capacità di ricoverare e curare le persone e per farlo serve essere prudenti sui posti a disposizione e pertanto sulle misure da intraprendere”, conclude Francesco Broccolo.
fonte agenzia dire.it
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