Bergamasco, classe 1944, Maurizio Buscarino frequenta con la macchina fotografica il teatro contemporaneo internazionale, tra Europa, America ed Oriente, dal 1973 sviluppando un imponente lavoro di indagine che ne ha fatto uno dei più stimati fotografi del mondo in questo ambito. Un linguaggio, il suo, che è poesia con cui – come scrisse Tadeusz Kantor, geniale pittore e regista polacco – lenisce l’inferno con l’umana pietà. Da qui l’urgenza di salvare l’istante dalla dissoluzione, fissandolo in immagini in bianco e nero la cui drammaticità caravaggesca del gioco tra luce e ombra, la sintesi del tutto custodita in un frammento, l’equilibrio tra l’avidità dello sguardo e il distacco del fotografo ne fanno uno straordinario ritrattista della profondità umana.
Le opere in mostra restituiscono parte di questo universo fotografico, una rassegna di volti di cui Buscarino racconta la realtà oltre il visibile. La raffigurazione diventa narrazione di un’umanità fatta di carne, sangue, anima e cuore, filtrata dalla sua visione del mondo – di uomo e di artista. Sono scatti realizzati nel corso di quasi mezzo secolo di teatro, un viaggio iniziato in uno scantinato della Città Alta di Bergamo dove la scoperta del Teatro Tascabile gli svela per la prima volta la verità del palcoscenico, metafora dell’esistenza in cui ogni apparizione di un personaggio è preludio alla sua sparizione. Non lo spettacolo, ma il segreto della vita che il teatro rappresenta è ciò che guida la sua ricerca in questi anni: lo interessa l’irripetibile unicità dell’individuo, la parabola tra buio-luce-buio dell’esistenza e la possibilità – o l’illusione – di poter trattenere un istante, un gesto, uno sguardo, prima che venga inghiottito per sempre, consegnandolo, attraverso la fotografia, all’immortalità.
Esposte anche alcune immagini realizzate durante progetti teatrali all’interno di carceri italiane. Negli anni Ottanta, Buscarino è chiamato da Renato Palazzi, allora direttore della Scuola d’Arte Drammatica di Milano, a seguire i laboratori che la Scuola sta avviando nel carcere di Lodi. A questa prima esperienza faranno seguito, negli anni, diversi interventi importanti nel penitenziario di Volterra, poi a San Vittore e in altre carceri, anche minorili. Il risultato di questi lavori, pubblicato nel volume “Teatro segreto”, è al tempo stesso opera artistica e testimonianza antropologica. I suoi scatti non si risolvono nella narrazione delle dinamiche della detenzione o della rappresentazione teatrale, ma colgono i segni del percorso di recupero, di approdo ad una nuova consapevolezza di sé, della ricerca di riscatto e dell’anelito alla libertà che si agitano sotto la superficie trasformando ogni ritratto in un’opera iconica.
Maurizio Buscarino ha esposto in ambito nazionale ed internazionale, da Milano a Madrid, da Venezia a Cracovia, Wroclaw, Stoccolma, Berlino fino a Bogotà e ha all’attivo numerose pubblicazioni.