Non si può parlare di Franco Basaglia senza citare il frutto che fu ispirato dal suo impegno, dalla sua determinazione e, soprattutto, dalla sua intuizione ossia la rivoluzionaria “180”.
La “legge Basaglia” – Legge 180 del 13 maggio 1978 in tema di “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatari” sancì la chiusura degli ospedali psichiatrici. Dopo pochi mesi venne integrata in un impianto normativo più ampio che riguardava la riforma sanitaria e rientrò nella Legge n. 833 (art. 33 – 35) del 1978 trovando immediata applicazione.
La portata dell’innovazione del pensiero di Basaglia è sconfinata soprattutto se si considera il punto di partenza da cui mosse i primi passi nel cammino che lo portò a stravolgere dapprima il senso comune della società dei suoi tempi rispetto ai temi della salute mentale e, successivamente, a ispirare una norma che spinse in avanti, verso il progresso civile, l’intero paese e la comunità internazionale.
Le istanze a cui giunse con il suo lavoro di sensibilizzazione, studio e divulgazione, diventarono le fondamenta nonchè il patrimonio di valori a cui fa riferimento la coscienza civile dei nostri giorni.
La malattia mentale era considerata una condizione pervasiva e immutabile che richiedeva d’essere contenuta e confinata, nascosta alla società civile perché della stessa non poteva fare parte. Il malato coincideva con la sua malattia e rappresentava un pericolo per la collettività, pertanto andava confinato in sacche esterne al tessuto sociale, in strutture di contenimento lontano dagli sguardi del mondo.
La psichiatria concentrava i suoi sforzi nella ricerca di metodi atti a soffocare le manifestazioni del disagio mentale attraverso l’ospedalizzazione forzata e l’utilizzo di terapie invasive e invalidanti mirate all’annientamento dei corpi e delle coscienze.
Basaglia ebbe il coraggio di cercare l’uomo dentro la malattia, di guardarlo, riconsegnargli la dignità, restituirgli rispetto e considerazione, accompagnarlo fuori dalla condizione di emarginazione e violenza a cui era sottoposto. Lottò con i pazienti per il riconoscimento di una possibilità di vita che non si riducesse alla sola esistenza e che non fosse l’abbandono dei singoli alla tirannia del disagio psichico, del contenimento forzato, dell’oblio. Fu un eccellente medico e psichiatra ma il suo grande valore di intellettuale e uomo è ricordo per l’apporto straordinario che diede alla sua battaglia in favore del riconoscimento dei diritti civili dei pazienti.
E’ doveroso ricordare che nei manicomi non venivano ricoverate solo persone con conclamate fragilità mentali ma i nosocomi erano bacini di raccolta per tutte le marginalità, il “deposito” in cui venivano “riposti” i diversi e gli ultimi. Le strutture psichiatriche ospitavano anche gli orfani, i figli di famiglie indigenti che non potevano provvedere al loro sostentamento. C’erano padiglioni sovrappopolati di bambini trascinati nel gorgo della sofferenza psichica dalle condizioni disumane a cui erano sottoposti, dalla violenza delle cure, dal contenimento e dalla trascuratezza affettiva; giovani vittime innocenti di un sistema che ospedalizzava per rimuovere dalla società le fragilità.
Inoltre, non era infrequente che venissero ricoverate ragazze e/o mogli insofferenti alle regole del patriarcato, donne che venivano rinchiuse dai loro stessi familiari in seguito ad atti di ribellione, semplicemente per aver esternato con decisione e personalità, con la riottosità dei caratteri fieri, il rifiuto per il conformismo della società dell’epoca. In alcuni casi videro le porte del manicomio chiudersi alle loro spalle perché la società non era pronta ad ascoltarle, non era pronta alla loro libertà.
In manicomio tutti iniziavano un calvario che si apriva con l’inferno delle terapie e che proseguiva all’uscita dalla struttura psichiatrica con lo stigma della società.
Oggi, la chiusura degli ospedali psichiatrici non è ancora stata adeguatamente sostituita da un impianto normativo capace di sostenere un sistema organizzato di percorsi finalizzati alla cura, al sostegno e alla integrazione delle persone afflitte da fragilità o malattie psichiatriche. Spesso le famiglie sono il nucleo sul quale si abbattono tutte le difficoltà di queste persone.
E’ auspicabile che il tema delle marginalità e del disagio tornino ad essere centrali e che personalità autorevoli promuovano con il supporto dell’opinione pubblica, uno slancio verso il progresso in questo ambito.
Nonostante ci sia ancora molto lavoro da affrontare è indubbio che la strada percorsa fin qui sia un monito a proseguire nella valorizzazione dell’umanità di ogni persona, nell’ascolto e nel rispetto della sua dignità.
Franco Basaglia è stato un uomo per gli uomini, una grande personalità sostenuta da un’alta coscienza morale e civile, un uomo di scienza capace di lottare con gli ultimi e per gli ultimi. Il suo esempio è ancora oggi ispiratore di un profondo progresso civico ed etico.