Dall’evento annuale il ritratto dei futuri imprenditori, specializzati e con competenze trasversali. Ma servono politiche coraggiose e innovative.
Data analyst, green manager e biodiversity champion, ma anche agrinfluencer. Sono almeno quattro i profili professionali richiesti, oggi, in agricoltura e di cui i giovani sono i maggiori precursori. L’accesso alla terra, però, sfiora quota 29 mila euro a ettaro ed è ancora per pochi. Va superato ogni stereotipo sul comparto e fare spazio, davvero, a nuove generazioni di agricoltori. A definirne il profilo è Agia, l’Associazione dei giovani imprenditori agricoli di Cia, riunita a Roma per la sua Assemblea annuale.
“Basta con i luoghi comuni sui giovani e l’agricoltura -ha detto il presidente nazionale di Agia-Cia, Enrico Calentini-. Non basta un pezzo di terra per fare impresa, né solo due braccia per portarla avanti. Servono competenze specifiche, un capitale di partenza cospicuo, garanzie importanti anche per il più esiguo dei finanziamenti e quelle soft skill manageriali che vanno ben oltre la resilienza, se il contesto manca delle condizioni basilari, infrastrutture e servizi, per vivere e interfacciarsi con il mondo”.
I DATI – Oggi, in Italia, le imprese agricole giovanili sono quasi 53 mila, in calo dell’8,5% in sei anni e del 4,8% solo nell’ultimo (Rapporto 2024 Pianeta Psr). C’è un generale invecchiamento demografico, ma anche un abbandono delle aree interne del Paese che riguarda certo più i giovani, il doppio (6%) della popolazione che se ne va. Dunque, il tema del ritorno alla terra è, per Agia-Cia, non solo un mito da sfatare, ma anche già superato. Di contro, infatti, emerge una capacità di generare ricchezza in agricoltura che vede le aziende under 40 sopra la media Ue, con 82,5 mila euro a impresa giovanile rispetto ai 50 mila di tutte le altre. Quanto alla produttività per superficie, pari a 4,5 mila euro per ettaro, questa doppia quella europea, dando una pista a Francia e Germania. L’Italia spicca per una maggiore specializzazione in coltivazioni a elevato valore aggiunto e per un mercato dell’agricoltura 4.0 da 2,1 miliardi, che vede crescere ogni anno dell’8% (Osservatorio Smart Agrifood) i campi a lavoro con tali soluzioni.
LE NUOVE COMPETENZE – Il digitale è, dunque, una delle chance necessarie per dare un futuro all’agricoltura, ma anche il gancio più forte per richiamare i giovani. Servono, sempre di più, figure professionali altamente specializzate e con competenze trasversali, capaci di coniugare l’esperienza alle tecnologie agro-meccaniche disponibili, in grado di sperimentare sul campo, leggere i dati e fornire feedback ai fornitori di prodotti e macchinari. Occorrono esperti di sistemi satellitari, robotica e Ai, climate smart advisor promotori di strategie per l’adattamento al climate change, agronomi e biologi ambassador contro il consumo di suolo e lo spreco, custodi di biodiversità e social media marketer. Una serie di professionalità di grande appeal sulle nuove generazioni, che anche nel settore primario sono sempre più qualificate, come dimostrano gli oltre 20 mila laureati under 40 titolari di aziende agricole oggi in Italia.
LE DICHIARAZIONI – “Su tutto questo bisogna investire, in maniera sinergica e senza frammentazioni -ha aggiunto Calentini- non è solo una sfida agricola, ma coinvolge più comparti produttivi, la ricerca scientifica e tecnologica, il mondo della meccanica e dell’istruzione. Oltre a più fondi Pac per i giovani, a quelli che mancano alla legge nazionale sull’imprenditoria agricola giovanile o che sono in arrivo dalla Bei, la voce delle imprenditrici e degli imprenditori agricoli under 40, che rimbalza dai campi ai social e che rilanciamo insieme a partner come Image Line, FederUnacoma e ITAsF -prosegue Calentini- invita a un approccio più intraprendente da parte della politica, per interventi a sostegno del settore più coraggiosi e innovativi”.
“Ci attende un lavoro importante per dare seguito alle istanze dei nostri giovani -ha aggiunto il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini-. La battaglia per il reddito degli agricoltori e per la valorizzazione delle aree interne passa anche per la sfida al ricambio generazionale nei campi. Per questo il 2025 ci attende, sicuramente, a Bruxelles per contribuire alla Strategia annunciata in materia dal commissario Hansen”.