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A Bresso presentazione e dialogo sul libro: “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli” di Marco Termenana

La Biblioteca Civica “L’Artemisia” di Bresso, via Centurelli, 48, sabato 13 gennaio alle ore 16, apre la stagione degli incontri con gli autori.

Tra i libri in agenda c’è “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli” di Marco Termenana, edizioni CSA.

Il romanzo è ispirato al suicidio di Giuseppe, il primo dei tre figli dell’autore.

In una notte del marzo 2014, a 21 anni appena compiuti, apri la finestra della sua camera, all’ottavo piano di un palazzo a Milano, e si lanciò nel vuoto. Con lucidità impressionante e senza mai cadere nella retorica, la storia racconta il male di vivere di chi si è sentito sin dall’adolescenza intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe è infatti anche la storia di Noemi, suo alter ego femminile. Tragedia non solo di mancata transessualità ma anche di mortale isolamento, al secolo hikikomori (termine giapponese che significa “stare in disparte”).

Marco Termenana spiega:

“Ho scritto solo per ritrovare Giuseppe perché il dolore era ed è terribile e se non avessi trovato un adeguato meccanismo compensativo, impazzivo, ma se attraverso quello che ho raccontato posso aiutare, sono felice. Mi è piaciuta subito l’idea di un evento in un Comune alle porte di casa, così può essere massimizzata l’esperienza di “testimone oculare” che porto. Il mio obiettivo è individuare elementi positivi da quanto è accaduto, nonostante la tragedia che mi ha segnato”.

“Cerco, cioè, di parlare ai genitori, in alcuni casi ai figli – chiarisce – ed anche a chi non è né l’uno né l’altro, ma non vuole sciupare la propria vita e, perseguendo obiettivi etici, ha piacere a leggermi e, in questo caso, ad ascoltarmi

“Penso anche continuamente ai nonni: il racconto è anche per loro, visto il rapporto che Giuseppe aveva con la nonna materna e teneramente narrato. Purtroppo – ammette – ho capito solo dopo l’importanza che i nonni hanno per i nipoti e viceversa e quindi in tutto l’ecosistema familiare. Solo con il valore aggiunto generato attraverso la mia testimonianza, poi, credo che avrò dato un senso all’inutile e stupida morte di Giuseppe”.

L’assessore Luigi Chiodini commenta:

“Tra le diverse deleghe che mi sono state assegnate, Commercio e negozi di vicinato, sostegno alle imprese, Cultura, tempo libero e Giovani, considero quest’ultima di particolare rilevanza e attualità: come ribadito in altre occasioni, la Cultura – con la Biblioteca Civica – è il vero fiore all’occhiello della città. In questo contesto, ho fortemente desiderato ospitare la presentazione del volume “Mio figlio” e il suo autore, Marco Termenana, perché ho letto il libro e trovo che la storia raccontata possa aiutare a riflettere tutti quanti, indipendentemente dalla genitorialità e dal ruolo che abbiamo. Noi amministratori pubblici quindi, quando abbiamo l’opportunità di favorire queste riflessioni, le incoraggiamo con grande convinzione. È per questo che ho voluto cominciare da qui gli incontri con gli autori di quest’anno”

Il giornalista Fabio Benati, moderatore dell’incontro, conclude:

“I libri spesso somigliano a incontri che capitano per caso. Quando si va in libreria, di solito si è attratti dal titolo, dalla copertina, e soprattutto dalle note che accompagnano la pubblicazione. Nel caso del libro di Marco, invece, devo ammettere che è accaduto il contrario: il libro ha scelto me grazie all’utile suggerimento di un amico e collega che mi ha pregato di leggerlo. E, quando l’ho fatto, sono rimasto molto colpito dalla storia di Giuseppe. Frammenti di vita quotidiana, emozioni, vicende familiari narrate dall’autore attraverso un processo di autoanalisi talvolta spietata ma che riesce a restituire in maniera efficace il dramma di chi vive, da genitore, il disagio esasperato che ha accompagnato suo figlio fino al gesto estremo con cui ha voluto lasciarci. Da padre, a mia volta, di Filippo e Virginia, più o meno coetanei degli altri due figli di Marco, ho avvertito il bisogno, il dovere e il piacere di non lasciarlo da solo e di aiutarlo a far conoscere quanto accaduto a Giuseppe perché chi è ancora in tempo possa intervenire ed evitare, così, il triste epilogo raccontato nel libro.”

 

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