Per celebrare il 75° anniversario della Convenzione sulla Prevenzione e
la Condanna del Crimine di Genocidio e della Dichiarazione Universale
dei Diritti dell’Uomo, lo scorso 8 dicembre 2023, nella sala dei mandati
(Trusteeshep Council Chamber), Sede dell’ONU, a New York, si è svolta la
commemorazione che ha visto esposta e donata l’opera dell’artista Arrigo
Musti, classe 1969, intitolata “Legge di Conservazione della Vita”.
L’opera, dopo essere stato esposta l’8 dicembre presso la Sede delle
Nazioni Unite entra a fare parte, a titolo di donazione, della
collezione d’arte Nazioni Unite a New York, e sarà affissa nell’ufficio
del Consigliere Speciale per Genocidi del Segretario Generale Antonio
Guterres e Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite, Ms Alice
Wairimu Nderitu, al 32° piano del Palazzo di Vetro. La creazione
artistica di Musti si aggiungerà a quella di altri due importanti
artisti italiani esposte all’esterno: le sculture di Giacomo Manzù e
Arnaldo Pomodoro.
Con l’opera “Legge di Conservazione della Vita”, realizzata nel 2023 con
vernice spray su lamiera, l’artista italiano ha desiderato creare, per
la ricorrenza storica dell’8 dicembre 2023, la metafora visiva per
rendere molto chiaro il concetto della necessità di prevenire e
perseguire il crimine di genocidio. L’opera si basa sul parallelismo con
il pendolo di Newton, governato dalla legge della conservazione della
quantità di moto e dell’energia. Se le sfere rimanessero immobili in
equilibrio, il mondo sarebbe costretto a subire questi atroci crimini.
Sembra quindi che un movimento continuo sia necessario per evitarne
l’accadimento, con le Nazioni Unite che forniscono la forza trainante di
questo movimento. Anche se, per motivi grafici, è stata identificata
solo una sfera del mondo che comprende Europa, Africa e Asia, in realtà
non esiste un luogo sicuro nel mondo di fronte alla possibilità che
certi crimini possano ripetersi. Il mare diventa rosso a simboleggiare
il sangue versato, e i continenti sono bianchi perché sono
metaforicamente svuotati di umanità nei luoghi in cui avvengono questi
crimini. L’artista gioca anche a livello tecnico con una superficie
estremamente luminosa, quasi riflettente, che consente a ognuno di
vedere la propria immagine riflessa. Di fronte alla propria immagine
riflessa, ognuno può fare una considerazione ulteriore e più profonda su
queste tragedie purtroppo ancora attuali. Musti ha voluto chiamare
questo stile “Impop” perché la forma seducente è utilizzata per attirare
gli spettatori e incoraggiarli a riflettere personalmente su argomenti
importanti ma impopolari come il genocidio.
“I riferimenti nei miei lavori sono cambiati, ma la sostanza è rimasta
la stessa. Sono sempre stato convinto che la forma seduce, in un modo o
nell’altro. Se si vuole sedurre chi guarda, una superficie lucida e
laccata è sempre preferibile a una che non lo è. In questo c’è la più
grande concessione che posso fare esplicitamente alle immagini seducenti
che riverberando invadono la mia fantasia e che continuo ad utilizzare
abbondantemente nelle mie opere. Devo però ammettere che la superficie è
l’aspetto meno interessante, se vogliamo, dei miei lavori. Lo utilizzo
solo per “sedurre” lo spettatore inducendolo ad andare “sotto o oltre”
la superficie stessa. Mi piace chiamare questo ossimoro “impop”, che sta
per impopolare. […] Ma nel mio caso la superficie è comunque solo
un’esca per attrarre. Importa meno di ciò che copre. Il pop domina ma
non nasconde l’impopolare. Ho verificato che più mi allontano dal Pop
visto, non tanto nel senso storico dell’arte, ma soprattutto nel senso
letterale di popolare, più potrò raccontare qualcosa che mi appartiene
davvero. Ho raccontato tante storie, tutte nascoste e ricoperte da
immagini seducenti in forme realizzate con colori vivaci. Ho utilizzato
e utilizzo colori e smalti su superfici ferrose che ricordano le
automobili appena uscite dalla fabbrica. Ho verificato che può servire
ad avvicinare lo spettatore. Funziona! […]Credo che la nostra epoca sia
impopolare (nel significato che ho scelto di dargli). Mescola cioè
orrori e onori, bellezza e distruzione, profondità ed estrema
superficialità, appiattendo e ottundendo i nostri sensi, come in uno
scorrere di immagini più o meno piacevoli. Ci fa comodo rifugiarci nelle
immagini più piacevoli e accattivanti ma esse raccontano solo un aspetto
di questo mondo multiforme in cui viviamo. […] Solo se si sceglie di
andare oltre i colori abbaglianti raccontano le storie anonime di tanti
uomini, donne e bambini che, loro malgrado, hanno lasciato il segno
nella storia con quegli oggetti a futura memoria.” (A. Musti).
Se il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha
avvertito che “nel mondo odierno di profonde divisioni, sfiducia e
conflitti, ci troviamo di fronte alla minaccia persistente di questo
atroce crimine di genocidio; vi è il pericolo di dimenticare le oscure
lezioni del passato”, l’opera di Musti creata per l’occasione è di
grandissima attualità come, del resto, il fatto che lo stesso Artista
nel 2022, abbia donato due installazioni artistiche allo Srebrenica
Memorial Center della Bosnia Erzegovina, accompagnato dalle madri di
Srebrenica e da Serge Brammertz, procuratore capo IRMCT (International
Residual Mechanism for Criminal Tribunals delle Nazioni Unite).
Giuseppe Tornatore definisce i suoi lavori “un’armonia provocatoria che
allarma ed inquieta; […] ciò che nell’opera di Arrigo Musti specialmente
colpisce e sorprende mi sembra la sua estetica del turbamento per un
mondo che ha perduto la propria mitologia”. Maurizio Calvesi scrive: “I
volti tratteggiati da Arrigo, di un tormentato colore, sanno esprimere
la bellezza di quella umanità che l’uomo occidentale considera “diversa”
e al tempo stesso il rischio cui è condannata, l’incombere o l’imminenza
dei profondi sfregi che le calamità del mondo le imprimono come marchi
di fuoco, […] dipinti con le variazioni quasi neo-divisioniste”. Lorenzo
Canova, a proposito del manifesto Impop, sottolinea come “Le opere [di
Arrigo Musti] sono come forme svuotate utili nel loro ruolo di veri e
propri antidepressivi che coprono il vuoto sociale e interiore,
personale e collettivo di un mondo senza memoria che corre veloce per
consumare e dimenticare in fretta tutto, anche se stesso”.
L’opera “Legge di conservazione della vita” che d’ora in poi campeggerà
al 32° piano del Palazzo di Vetro a Manhattan, sembra fare da monito
contro la crudeltà dell’uomo in una congiuntura internazionale così
drammatica; le parole dello stesso Musti ben lo sottolineano: “il
messaggio che cercano di veicolare le mie opere è un messaggio
assolutamente impopolare, non vuole cioè essere una strizzata d’occhio
nei confronti dello spettatore ma anzi, al contrario, vuole suscitare
una reazione persino di sdegno verso la violenza che i miei lavori
denunciano”.