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COMUNICAZIONE PMI, CLAUDIA CONTE: TROPPO SPESSO È ANCORA IN MANO AL TITOLARE DELL’AZIENDA

All’Università degli Studi di Milano-Bicocca l’evento organizzato dal Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio con professori, manager ed esperti del settore

 

L’imprenditrice culturale: «Molti “padroni d’impresa” dovrebbero saper fare un passo indietro. Digitale e sostenibilità le sfide su cui le piccole realtà si giocano futuro e presente»

Come comunicano oggi le piccole e medie imprese sparse sul territorio nazionale? A cercare di dare una risposta è l‘Osservatorio MI hub – Marketing Innovation Hub del Criet, il Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio, che ha dedicato al tema un incontro, dal titolo La comunicazione delle Pmi 2002-2022, che si è tenuto all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, alla presenza di professori, manager, esperti del settore e studenti.

 

«Dall’ottima ricerca realizzata da Criet e Ipsos Strategy 3 emerge chiaramente come ancora troppo spesso il vero dominus della comunicazione nelle pmi italiane sia il titolare stesso dell’azienda. E questo succede nonostante, in oltre la metà delle aziende di questa fascia, sia presente una struttura dedicata; e in addirittura in un caso su tre esista una figura che già coordina le iniziative di comunicazione. Molti “padroni d’impresa” dovrebbero imparare a fare un passo indietro». A sottolineare il dato emerso nel corso dei lavori è Claudia Conte, imprenditrice culturale e profonda conoscitrice del settore della comunicazione, che ha moderato i dibattiti della giornata di lavori permettendo ai vari ospiti presenti di condividere considerazioni ed esperienze.

 

Tanta parte della comunicazione è dunque ancora in mano ai titolari stessi delle aziende, non sempre esperti in materia ma privi a volte della consapevolezza necessaria per accorgersene. Una questione che diventa ancora più centrale se si considera che la comunicazione, in termini di investimenti, sta diventando sempre più importante per le pmi (per il 68% dei rispondenti) al fine di ampliare e migliorare la clientela di riferimento.

 

E per raggiungere questi due obiettivi, la maggior parte delle aziende (il 62%) ritiene che sia necessario adottare uno stile di comunicazione basato sulla costanza. Un’azienda su tre (il 36%) ritiene poi fondamentale che le strategie adottate in questo campo siano improntate a diffondere  l’immagine aziendale, mentre per una percentuale di poco inferiore (il 30%) determinante diventa fa conoscere la propria value proposition.

 

Sono stati numerosi gli interventi che si sono susseguiti nel corso della giornata, a partire da quello di Angelo Di Gregorio, direttore Criet, Università degli Studi Di Milano-Bicocca e presidente Società Italiana di Marketing. Hanno poi parlato, davanti a una platea composta in larga parte da studenti, Dario Cavenago, direttore Di.SEA.DE, Università degli Studi di Milano-Bicocca; Andrea Alemanno, partner Ipsos Strategy 3; Franco Calza, professore ordinario Università degli Studi di Napoli Parthenope; Tonino Pencarelli, professore ordinario Università degli Studi Carlo Bo di Urbino; Vincenzo Noviello, founder e general manager Nazca; Daniele Cardesi, sales & marketing director Thinkopen Group; Gaetano Aiello, professore ordinario Università degli Studi di Firenze; Andrea Perna, professore ordinario Università Politecnica delle Marche, Francesca Astorri, direttore commerciale Witor’s ed Elena Cossio, ceo e co-founder N&TS Group.

 

«La chiave di volta – prosegue Conte – oggi è rappresentata dal digitale, è in questo campo che si gioca la vera sfida della comunicazione, anche nelle pmi». E in effetti, come conferma la ricerca, sono in forte aumento le pmi che stanno investendo negli strumenti di comunicazione digitale per attrarre nuovi clienti (il 34%) e attivare nuovi canali di comunicazione (il 32%). Una percentuale significativa (quasi il 40%) lo fa però semplicemente per stare al passo con i tempi.

 

«Ma attenzione – conclude Conte – il digitale è fondamentale, ma oggi non si può fare a meno di dedicare una parte altrettanto significativa di energie e risorse al tema della sostenibilità: lo impone il mercato, lo impongono i consumatori. Purtroppo, soprattutto nelle pmi, la parola “sostenibilità” è spesso legata alla mera partecipazione a progetti green. Non è sufficiente. Essere sostenibili significa ripensare in modo anche radicale i processi produttivi e distributivi. Si tratta di un percorso che non coinvolge alcune aree specifiche dell’impresa, ma le basi stesse su cui poggia, i suoi valori più profondi. Un’azienda che non punti sul digitale non ha futuro, ma una che non punta sulla sostenibilità non ha già più presente».

 

 

 

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