Maria Luisa Caterina Cecilia Hadfield (Firenze 1760-Lodi 1838) nasceva a Firenze, frequentando dagli otto ai dodici anni lo studio della pittrice Violante Beatrice Siries (1709-1783). Successivamente, in qualità di copista, la si ritrova alla Galleria degli Uffizi, come attestano le lettere di permissione conservate nell’Archivio del museo, per poi diplomarsi giovanissima all’Accademia del disegno regalando, per quella occasione, il proprio Autoritratto, oggi conservato nel Corridoio vasariano.
Nel 1781 sposerà a Londra Richard Cosway, primarius pictor del futuro re Giorgio IV. La loro dimora diverrà, nel decennio successivo, il fulcro della vita mondana londinese, accogliendo artisti, letterati, esuli politici, come il generale còrso Pascal Paoli.
Nel primo viaggio parigino del 1786, la coppia conoscerà Thomas Jefferson con il quale Maria intratterrà un lungo rapporto epistolare. Il presidente statunitense fu il tramite per un variegato gruppo di personalità internazionali con cui la pittrice mantenne contatti via lettera. Tra questi, si deve ricordare un’altro personaggio ricco di sfaccettature il commediografo, poeta e politico polacco Julian Niemcewicz. Maria conobbe Niemcewicz a Parigi e i due mantennero viva l’amicizia attraverso le lettere che sono conservate presso la Fondazione Cosway. Particolarmente interessanti sono quelle in cui Niemcewicz parla di Thomas Jefferson, da lui conosciuto sempre a Parigi, oppure in cui descrive la traversata per gli Stati Uniti d’America sino a raggiungere Philapelphia. Niemcewicz racconterà anche degli errori del fratello di Maria, Giorgio Hadfield, accusato di avere fatto degli errori nella realizzazione del palazzo del Campidoglio a Washington.
Dopo aver visitato Roma e Venezia, Maria ritornerà a Parigi, da sola, nel 1801, per intraprendere un grandioso progetto editoriale: riprodurre in gran folio mediante incisioni le opere dei grandi maestri italiani trafugati da Napoleone, venendo così in contatto con la famiglia di Napoleone: da Letizia Ramolino, madre del generale còrso, al cardinal Joseph Fesch, zio di Napoleone. Le loro firme, a 1 sostegno del progetto, insieme a quella del Bonaparte e degli altri fratelli e sorelle sono state apposte sul Marocchino rosso, un piccolo libro rilegato conservato presso la Fondazione Maria Cosway di Lodi. A Parigi conoscerà anche Francesco Melzi d’Eril, che l’aiuterà, dopo la parentesi lionese, ad aprire a Lodi, nell’ex convento dei padri Minimi, il 18 febbraio 1812 il collegio della Beata Vergine Maria delle Grazie, destinato alle bambine dai 6 ai 12 anni, che ospiterà anche Vittoria Manzoni. Nel 1830, la gestione del collegio passava alle Dame Inglesi e, quattro anni dopo, l’imperatore Francesco I concedeva a Maria il titolo di baronessa. Il 5 gennaio 1838 Maria Hadfield, vedova Cosway, cessava di vivere, trovando sepoltura presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie in Lodi.
La mostra, prima realizzata in Italia, esclusivamente dedicata alla complessa vicenda biografica e alla ricca personalità della pittrice, donna di cultura e filantropa, vuole mettere in luce i diversi ruoli che Maria Cosway venne ad assumere nei diversi contesti geografici italiani ed europei in cui visse, e le diverse epoche storiche che attraversò, dalla fine dell’Antico Regime alla Restaurazione, con baricentro nella periodo napoleonico. Personalità pienamente inserita in sofisticati ambienti cosmopoliti, così come in contesti, all’apparenza più semplici e domestici, Maria Cosway si configura quale protagonista di quella articolata dimensione del femminile che caratterizzò gli ultimi decenni del XVIII secolo e i primi dell’Ottocento.
La mostra dedicata alla poliedrica, seppur poco conosciuta, figura di Maria Hadfield Cosway, si configura come un’importante iniziativa culturale per la città di Lodi, che coinvolge un pubblico nazionale ed internazionale in quanto l’artista è molto nota sia a Londra, dove visse e lavorò, sia negli Stati Uniti d’America per la sua amicizia con Thomas Jefferson, terzo Presidente USA.
La mostra, organizzata dalla Fondazione Cosway e curata da Monja Faraoni, Laura Facchin e Mariacristina Loi, vede la collaborazione di diverse istituzioni quali: il Liceo artistico Callisto Piazza, la Delegazione FAI Lodi, la Provincia di Lodi, la Fondazione Bipielle e di Assolombarda.
Nucleo centrale della mostra è la cappella affrescata dal lecchese Pietro Ferrabini (1787-1869) dove sono esposti gli oggetti più preziosi e di rilievo, un luogo mai aperto al pubblico ma di grande suggestione, che offre uno spazio inedito, allestito per garantire una mostra di alto livello scientifico.
Negli spazi circostanti, quali la scalinata e il corridoio, la mostra si snoda per scandire la cronologia della storia di Maria Cosway, comprendendo anche riferimenti ad episodi e figure chiave per la storia del territorio dalla fine del XVIII secolo – si pensi solamente alla celebre battaglia napoleonica del Ponte di Lodi del 1796 – al 1838, anno di morte di Maria Cosway.
Al pubblico è proposta una selezione di circa cinquanta opere della Fondazione Cosway, per lo più inedite, fra dipinti, sculture, stampe, disegni, lettere, spartiti musicali.