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All’Istituto di Cura Città di Pavia la cartilagine si ripara con l’aragonite Primo impianto in Italia del device, approvato dalla FDA, in grado di rigenerare la cartilagine articolare del ginocchio

Il segreto per riparare le lesioni cartilaginee del ginocchio e
contrastare gli stati artrosici allo stadio iniziale è contenuto nell’aragonite, un minerale
costituto da carbonato di calcio presente in natura sotto varie forme, come ad esempio in
conchiglie e coralli.
La dottoressa Francesca de Caro, chirurgo ortopedico all’Istituto di Cura Città di Pavia
(Gruppo San Donato) dell’équipe del dottor Emanuele Caldarella – responsabile dell’UO
di Chirurgia Ortopedica Mini Invasiva – ha sfruttato le proprietà di questo minerale, che
presenta la stessa porosità dell’osso, impiantando uno speciale dispositivo di aragonite,
biocompatibile e biodegradabile, in grado di rigenerare la cartilagine e l’osso degenerati a
causa dell’usura, dell’avanzare del tempo o di particolari patologie.
“La cartilagine non ha la possibilità di rinnovarsi in maniera autonoma, pertanto, senza un interventoesterno, con procedure chirurgiche o di medicina rigenerativa, la lesione tende a progredire fino a degenerarein artrosi e, nel tempo, può rendersi necessario l’inserimento di una protesi” sottolinea la dottoressa de Caro.
A sottoporsi all’intervento, per la prima volta in Italia dopo l’approvazione del device da
parte della FDA, due pazienti: un uomo di 58 anni, con un’artrosi di ginocchio allo stadio
iniziale e un giovane di 27 anni con una lesione cartilaginea della troclea femorale.
Il posizionamento del device, nato in Israele, richiede un intervento chirurgico in miniopen e una notte di degenza. Il cilindro di aragonite, del diametro non più grande di una
moneta da 10 centesimi, viene posizionato chirurgicamente all’interno della lesione
cartilaginea, in una sede opportunamente ricavata nel tessuto osteocondrale, e a contatto
con l’osso del paziente, fornisce una struttura tridimensionale per le cellule staminali e ne
permette la differenziazione in osso e cartilagine, che andranno quindi a compensare il
deficit venutosi a creare, con risultati visibili in pochi mesi. Non è necessario rimuovere
chirurgicamente il cilindro poiché viene completamente riassorbito dall’organismo.
“Si tratta di procedura sicura, che non presenta quindi rischi maggiori rispetto a un comune intervento chirurgico” afferma la dottoressa de Caro. “L’intervento è in anestesia spinale e ha una durata di circa 40 minuti. Il paziente resta in ospedale una sola notte e poi viene rimandato al domicilio con l’indicazione alla riabilitazione. Non vi sono particolari controindicazioni alla procedura e gli effetti collaterali non sono diversi da quelli di un normale intervento. Non vi è poi il rischio di rigetto e la percentuale di successo della procedura è molto alta, ovvero pari al 93% a due anni.”
Il primo impianto in Italia arriva a seguito della conclusione di un importante studio
prospettico controllato randomizzato, che ha coinvolto centri di eccellenza in tutto il
mondo, con 250 pazienti reclutati. Lo studio, approvato dalla FDA, ha dimostrato che nei
pazienti ai quali, per patologie della cartilagine, era stato impiantato il cilindro di aragonite
vi è stato un marcato miglioramento clinico e funzionale, valutato con il KOOS (Knee injury
and Osteoarthitis Outcome Score), sensibilmente superiore al miglioramento rilevato nei
pazienti trattati con la terapia standard (microfratture e debridement). In particolare, a due
anni, il miglioramento valutato con il KOOS risultava essere di 42.7 nei pazienti trattati
con il dispositivo e di 21.4 in quelli trattati con la terapia convenzionale.
“Ho avuto l’onore di partecipare a questo importante studio multicentrico e di esserne referente per l’Italia insieme alla professoressa Elizaveta Kon, Capo Sezione del Centro per la Ricostruzione Articolare del Ginocchio di Humanitas e docente Humanitas University” sostiene la dottoressa de Caro.
“Nell’ambito del trial mi sono occupata del reclutamento dei pazienti e dei primi interventi chirurgici pilota, atti a validare l’efficacia del dispositivo. Quest’anno, in occasione del congresso ICRS a Berlino, ho presentato i risultati dello studio con un focus sul ruolo delle lesioni meniscali nel successo del trattamento”.
“Credo fermamente che i risultati ottenuti aprano ampie e nuove possibilità di cura per i pazienti giovani e meno giovani. Il dispositivo infatti è il primo al mondo in grado di trattare anche i casi di artrosi precoce, dilatando quindi i tempi per un’eventuale sostituzione protesica” conclude la dottoressa de Caro.
Gli Istituti Clinici di Pavia e Vigevano sono costituti dall’Istituto di Cura Città di Pavia e dall’Istituto Clinico Beato Matteo, sono accreditati con il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e sono parte del Gruppo San donato. Il Gruppo San Donato (GSD), fondato nel 1957, è oggi fra i primi gruppi ospedalieri europei e il primo in Italia. È costituto da 56 sedi, di cui tre IRCCS (Policlinico San Donato, Ospedale San Raffaele, Istituto Ortopedico Galeazzi). Questi numeri si traducono in una capillare presenza in tutte le principali province lombarde (Milano, Monza, Como, Pavia, Bergamo, Brescia), alle quali si aggiunge Bologna. Cura oltre 4,7 milioni di pazienti all’anno, in tutte le specialità riconosciute, essendo tra i leader, a livello nazionale e internazionale, in Cardiochirurgia, Cardiologia, Chirurgia Vascolare, Neurochirurgia, Ortopedia e Cura dell’Obesità. Realizza l’80% dell’attività clinica in
convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Conta 17.000 collaboratori, di cui più di 7.000 medici. Oltre all’eccellenza dell’attività clinica, ciò che rende unico GSD in Europa è la qualità dell’attività di didattica universitaria e di ricerca scientifica: 380 docenti e circa 1.200 ricercatori, 3.000 studenti, 539 specializzandi, 2.178 pubblicazioni
scientifiche all’anno per 10.048 punti di Impact Factor.

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